PESARO. Perché un regista texano emigra a Berlino? “Per la spiaggia”, dice Lawrence Tooley, 35enne poliedrico dalle poche parole e dalla molte attività: regista, fotografo, sceneggiatore, studioso di filosofia, artista a tutto tondo.
Una risposta dallo stesso tono asciutto ma tagliente con cui ha diretto il suo film, Headshots, proiettato in piazza e già presentato all’International Film Festival Rotterdam, e che racconta la vicenda di una fotografa di moda che, rimasta incinta, si trova a dover scegliere se tenere o no il bambino.
Un tema che, alla presentazione della pellicola in Argentina, ha causato non poche polemiche stroncate sul nascere da Tooley: “Sono rimasto molto sorpreso di generare tanto scalpore al giorno d’oggi toccando questo argomento. Subito mi hanno chiesto come era stato possibile girare la scena dell’aborto, come avevo fatto. E ho risposto: semplice, con la macchina da presa, era una scena importante e l’ho girata”.
Questo il trattamento asettico riservato alla tematica che, pur facendo parte della trama, non ne costituisce il cuore invece perfettamente incarnato dalla protagonista principale, Loretta Pflaum, che ha anche partecipato alla sceneggiatura. “Ho cominciato a lavorare sul film parlando con Loretta, chiedendole quale ruolo volesse interpretare. Lei mi ha risposto che avrebbe voluto essere una donna complicata, lontana dai ruoli da eroina romantica che fino a quel momento le erano stati affidati. Poi però la nostra collaborazione allo script non è stata affatto convenzionale: io scrivevo e poi la consultavo per sapere cosa ne pensasse”, spiega Tooley.
Un modo di lavorare che ha dato vita ad un film al femminile in cui i ritratti del titolo si alternano e si giustappongono senza mai toccarsi incarnando dei veri e propri ‘free-lance della vita’, schegge non del tutto impazzite perché “troppo razionali, questo è il loro problema. A Berlino ho imparato un approccio più gelido nei confronti delle emozioni la cui intensità viene sempre tenuta al di sotto di una certa soglia”.
E questo non è l’unico aspetto della capitale tedesca ad influenzare il film: “Avrei potuto girare questo film anche negli Stati Uniti ha dichiarato Tooley ma non sarebbe stato lo stesso. Berlino è una città internazionale, molte persone passano di qui, in questo luogo che in realtà non è mai stato finito, in cui la storia è ancora tutta così evidentemente esposta, e che perciò è in grado di accogliere molte personalità diverse”.
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