BERLINO – Il suo primo film, Maria full of grace, regalò alla protagonista Catalina Sandino Moreno il premio per l’interpretazione qui a Berlino. Adesso Joshua Marston torna in concorso con The Forgiveness of Blood, altra incursione in un territorio straniero, altra storia drammatica narrata attraverso gli occhi di una persona molto giovane, che ha il coraggio spavaldo dell’innocenza. Lì la Colombia e Maria, una ragazza che decideva di diventare una “mula”, portando la droga dentro al suo corpo; qui l’Albania e Nik, un ragazzo di 17 anni coinvolto in una faida familiare che interrompe bruscamente i suoi sogni di adolescente ma a cui riesce a sottrarsi con un gesto inatteso.
Suo padre e suo zio hanno ucciso il vicino di casa per una lite sui terreni e adesso secondo le leggi tradizionali, raccolte nel Kanun – codice balcanico che risale al XV secolo e che riguarda anche il commercio, l’ospitalità e altri aspetti della vita sociale – tutti i maschi della famiglia, e soprattutto i più giovani, corrono il rischio di essere uccisi per vendetta. Mentre il padre si è dato alla macchia, Nik e il suo fratellino che va ancora alle elementari smetteranno di uscire di casa, mentre la quindicenne Rudina dovrà prendere letteralmente in mano le redini della famiglia uscendo ogni mattina all’alba per portare le pagnotte ai clienti del padre su un carretto trainato da un cavallo. E questo chissà per quanti mesi, finché l’offesa non sarà placata attraverso complesse mediazioni e in qualche modo ripagata.
“Ci sono molti film sulla vendetta, ma a me interessava soprattutto il conflitto generazionale in una società che vive una fase di transizione tra gli usi più arcaici e la modernità rappresentata da internet, dalle antenne satellitari e dai telefonini. Credo che in questo il film, girato nel Nord rurale dell’Albania, sia universale perché affronta due temi che tutti condividiamo: l’esperienza di diventare adulti e la perenne tensione tra il vecchio e il nuovo”.
Il metodo di Marston, che ha trascorso in Albania due anni imparando anche la lingua, è un po’ quello del documentario: va in un paese che non conosce molto bene e fa ricerche, parla con la gente del posto, cerca di capire. In questo caso è partito da un articolo di giornale che l’aveva incuriosito facendosi poi aiutare da Andamion Murataj, un albanese che vive a New York e che ha scritto con lui la sceneggiatura, mentre la produzione era affidata a Paul Mezey (produttore anche di Maria full of grace) ma ha coinvolto l’italiano Domenico Procacci. Che racconta: “Avevo conosciuto Joshua a Cannes nel 2009, quando stava cercando partner europei per questo progetto, insieme abbiamo incontrato il mio socio inglese della Portobello Eric Abraham e abbiamo aderito sulla base di una breve sinossi fornendo l’80% del budget, che è di 1 mln e mezzo di dollari”.
Spiega ancora il regista: “In un certo senso questo è il preambolo di Maria full of grace, quello che succede prima dell’emigrazione. Spero che il pubblico si renda conto di quanto possa essere complessa e dolorosa l’esperienza che porta a partire dal proprio paese”. Dice Refet Abazi, uno dei pochi attori professionisti: “Il film è sicuramente un’occasione per riflettere sul kanun, un sistema che era sparito durante gli anni del comunismo, ma che nella fase successiva di confusione e frustrazione, è tornato in auge e che oggi convive con la Costituzione e le leggi. Vi posso dire che Joshua non voleva trattare soltanto questo aspetto, quanto piuttosto il alto umano, un contesto tragico che interrompe i desideri dei giovani e impedisce loro di essere liberi. È quello che sta accadendo al Cairo dove gli studenti devono combattere contro una dittatura durata trent’anni. Proprio perché Marston è americano ha saputo essere oggettivo, mentre un regista albanese avrebbe avuto un punto di vista più soggettivo”.
Tristan Halilaj e Sindi Lacej sono i due giovani e bravissimi protagonisti (18 anni lui, 15 lei) trovati dal regista nelle scuole del paese. Alla loro generazione è affidata la possibilità di cambiare le cose. “Speriamo che quando andranno loro al potere il kanun scomparità, perché l’avvenire appartiene ai giovani”, dice ancora Abazi.
Fandango farà uscire il film in Italia nella prossima stagione, mentre Fandango Portobello si occupa delle vendite internazionali. Ancora non c’è un acquirente americano ma il regista è convinto che a Berlino nascerà qualche buona occasione. In attesa anche del verdetto della giuria.
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