Toni Servillo: “Non sbatto il mostro in prima pagina”


Ancora il tema della paternità, stavolta nei suoi aspetti inquietanti, morbosi, dolorosi, in un film italiano molto apprezzato e applaudito. La ragazza del lago è l’unico titolo nazionale della Settimana della critica. Esordio di Andrea Molaioli, aiuto di Nanni Moretti fin dai tempi di Palombella rossa, è un giallo con tutti i crismi del genere, basato sul romanzo della norvegese Karin Fossum “Lo sguardo di uno sconosciuto” (Frassinelli), ma è un giallo che via via acquista in toni di un’immersione nelle acque solo apparentemente calme di un piccolo microcosmo, dove anche il male e il delitto hanno toni umani e meritano comprensione e perdono. Un sempre più ispirato Toni Servillo orchestra la vicenda: commissario meridionale che si è trasferito a Udine con la figlia adolescente e senza moglie per motivi che all’inizio ignoriamo. È un uomo che sta soffrendo, ma non sappiamo perché. Ce ne rendiamo conto mentre lo vediamo condurre la sua indagine con professionale distacco a partire dal ritrovamento del cadavere di una ragazza. Nuda, di mattina presto, distesa sulla riva di un piccolo lago, il Lago del serpente, come se dormisse. Sceneggiato da Sandro Petraglia, il film ha permesso a Servillo, che sta lavorando in questi mesi a due film importanti e molto attesi come Il divo di Paolo Sorrentino e Gomorra di Matteo Garrone, “di affrontare il tema del disorientamento rispetto alla responsabilità restituito con pudore e attenzione all’intimità delle persone, senza quello scandalismo da sbatti il mostro in prima pagina a cui ci ha abituato certa televisione e certo giornalismo”. Il delitto e il lutto come accadeva in un bel film di Atom Egoyan, Il dolce domani, scuote una comunità isolata e ne rimette in gioco gli equilibri svelandone le tragedie inconfessate. Un ritratto corale, dunque, che coinvolge nei tanti ruoli mai marginali attori come Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Omero Antonutti, Marco Baliani, Anna Bonaiuto. Ognuno ha un suo segreto o potrebbe averlo. “Ma volevo evitare – dice ancora Servillo – i cliché dell’indagatore, evitare di entrare nei drammi che incontro a gamba tesa perché questi personaggi hanno forza e dignità”. Una dignità legata anche ai luoghi, il Friuli e la Carnia, che hanno sostituito i fiordi norvegesi del romanzo di Karin Fossum. “È una natura – spiega ancora l’attore – che sembra indifferente all’offesa subita da questa vittima così bella e innocente, ma poi il paesaggio diventa più intricato mentre anche la storia si complica”. Per il film, prodotto da Indigo Film e distribuito da Medusa dal 14 settembre, c’è stata la difficile scelta tra Locarno e Venezia. “Alla fine abbiamo accolto volentieri la proposta della Settimana della Critica – ci racconta la produttrice Francesca Cima – anche se Locarno è un bellissimo festival. L’abbiamo fatto perché era più importante uscire a settembre e anche perché la Sic è la collazione più giusta per un’opera prima”.

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02 Settembre 2007

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