Todd Haynes: “Il cinema deve saper rischiare”

La parola alla giuria della 75ma Berlinale chiamata a giudicare i diciannove film in competizione, tra cui due coproduzioni italiane, 'Yunan' e 'Reflet dans un diamant mort'


BERLINO. La Berlinale numero 75 parte sotto la neve in un città particolarmente gelida e a pochi giorni dalle elezioni per il rinnovo del Bundestag con Das Licht, commedia tedesca (ma la produzione coinvolge anche Rai Cinema) del beniamino di casa Tom Tykwer.

La nuova direttrice Tricia Tuttle, che ha preso il posto di Carlo Chatrian, è convinta che questo sia il luogo giusto per parlare di politica attraverso il cinema, anzi definisce il festival “un atto di resistenza”. E dunque nella conferenza stampa di apertura si toccano temi come la presidenza di Donald Trump e la situazione americana, con qualche accenno anche a Gaza.

Il presidente della giuria (che è chiamata a valutare diciannove film in competizione tra cui le due coproduzioni italiane Reflet dans un diamant mort e Yunan), è l’americano Todd Haynes, autore molto amato dai festival in generale e da questo in particolare, dove venne per la prima volta con Poison nel 1991, un film ultraindipendente, basato sugli scritti di Jean Genet e divenuto un manifesto queer attraverso tre storie di cui una apertamente su temi omosessuali.

Poison – dice oggi il cineasta acclamato per film come Carol e il recente May December – è stato anche uno statement politico, in un momento in cui era diffusa l’epidemia di Aids e tante persone scendevano in piazza per forzare le istituzioni a occuparsi di certi temi con efficacia. I cineasti reagiscono a quello che accade nella società. I film sfidavano il sistema sia nei contenuti che nel loro modo di raccontare e nello stile. All’epoca scoprimmo che c’era un mercato per tutto questo, c’era un pubblico pronto a vedere quei film indipendenti, era la migliore risposta possibile a una crisi politica. In quello stesso periodo Quentin Tarantino ebbe un enorme successo con Pulp Fiction, producendo una quantità molto maggiore di ricavi rispetto ad altri film indipendenti. La nuova energia associata ai film indipendenti ha avuto effetti sia positivi che negativi, ma sicuramente ha cambiato il cinema e questo continua ancora oggi. Le tecnologie digitali hanno reso i film meno costosi e hanno dato voce a nuovi autori, per esempio Sean Baker ha iniziato facendo film con un iPhone”.

Una battuta anche su Bob Dylan a cui nel 2007 dedicò la poliedrica biografia sperimentale Io non sono qui, mettendo in scena sei diversi aspetti del cantautore come se fossero sei personaggi distinti. “Non ho ancora visto il film di James Mangold A Complete Unknown, che sarà presentato qui a Berlino, ma se c’è un messaggio nel mio film Io non sono qui è proprio che ci sono molti Dylan e questo allora sarà uno di più”.

Mentre riguardo all’impatto della presidenza Trump sul cinema Haynes ha detto: “E’ una questione che va oltre il nostro mondo di cineasti, riguarda l’integrità e il punto di vista che adottiamo nel parlare del mondo attorno a noi, ma è anche una questione di finanziamenti e della volontà di sostenere voci forti”.

Interviene il regista Rodrigo Moreno, preoccupato per il cinema argentino. “Abbiamo avuto per molti anni un legge cinema forte, un po’ come in Francia, che ha permesso di produrre molti film usando i proventi della televisione e delle sale. Così abbiamo fatto il bel cinema argentino che conoscete, con un rinnovamento profondo, ma adesso sono stati tolti quei fondi e ci sono zero film prodotti dall’Istituto nazionale”.

L’attrice e regista tedesca Maria Schrader è ottimista: “Voglio celebrare questo spazio di cultura e di immaginario. Noi siamo qui non per dare risposte ma per fare domande e credo che più il nostro pensiero è profondo, più possiamo opporci all’escalation della violenza e della guerra. Ogni individuo contiene una complessità, nessuno è bianco o nero. Tutti noi qui a questo tavolo sosteniamo la libertà e la pace e in questi dieci giorni celebreremo proprio questo. Questa è un’esperienza condivisa che ci serve a imparare e onorare le differenze”.

Il regista marocchino Nabil Ayouch aggiunge: “Noi cineasti non viviamo in una bolla e non abbiamo privilegi, anzi ci prendiamo dei rischi, ma dobbiamo essere radicali nelle nostre scelte”.

In giuria anche la costumista tedesca Bina Daigeler, l’attrice cinese Fan Bingbing, la critica americana Amy Nicholson.

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13 Febbraio 2025

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