‘The History of Sound’, le sinestesie amorose di Paul Mescal

Presentato in Concorso al 78° Festival di Cannes, il film musicale diretto da Oliver Hermanus racconta una storia di amore queer ambientata sul finire della prima guerra mondiale. Nel cast anche Josh O'Connor


CANNES – Se la vita è fatta degli incontri che ci accadono, quello che apre The History of Sound, film in Concorso al 78° Festival di Cannes, è indubbiamente uno dei più memorabili. Paul Mescal interpreta Lionel, un ragazzo di campagna nato con un dono di Dio, un talento incredibile per la musica tale da percepire i suoni con tutti i suoi sensi. Josh O’Connor è David, un compositore con la passione per la canzone popolare. I due si incontrano al conservatorio di musica di Boston e sarà subito qualcosa di speciale. Peccato che ci troviamo nel 1917 e Josh debba lasciare l’America e andare in guerra per difendere la sua Inghilterra. Nel 1920, i due avranno un’altra occasione per stare insieme, in un viaggio di amore e musica che, in qualche modo, li cambierà per sempre.

Diretto dal sudafricano Oliver Hermanus, History of Sound è una sorta di musical composto da canzoni rigorosamente diegetiche che affondano le radici nella tradizione popolare statunitense. Un’eredità che i due protagonisti vogliono preservare attraverso il loro viaggio tra le foreste del Maine. Al tempo stesso, il film è tutto ciò che un musical non dovrebbe essere: statico, contemplativo, al limite del liturgico. E questa è forse la caratteristica che lo rende più speciale.

Se il dono di Lionel è paragonato a qualcosa di divino, infatti, la musica popolare viene descritta come qualcosa di profondamente umano: la sofferenza e l’emozione di un popolo che diventano canzone. Nelle parole semplici – amorose o religiose – di questi brani si trova una disperata ricerca di senso, un modo per aggrapparsi a quei rari e brevi momenti di felicità che la vita ci concede. Una felicità che, per Lionel, resterà per sempre incastonata tra le foreste del Maine, anche negli anni successivi e nel suo inesausto girovagare per il mondo, da Boston, a Roma, a Oxford, e ritorno.

Dopo il successo di Living, Hermanus torna con un film basato su una sceneggiatura di Ben Shattuck, tratta da un suo stesso racconto. Il talentuoso regista sudafricano può affidarsi a due attori che aveva già scelto prima che entrambi cavalcassero l’onda del successo e, soprattutto, prima che fossero entrambi protagonisti di acclamati film di stampo queer come Estranei e Challengers.

Mentre nel film con Andrew Scott, Mescal era oggetto del desiderio, qui è soggetto desiderante. Un uomo che scappa dalle sue responsabilità, perfino dal suo talento, pur di inseguire l’ossessione di una felicità perduta e forse impossibile. D’altronde lo diceva profeticamente già la prima canzone cantata a David: “Non posso essere la tua sposa”. L’interpretazione dell’attore reduce dall’esperienza ne Il Gladiatore II dimostra la maturità artistica che ha ormai raggiunto. Perfetto sia nei momenti recitati, che in quelli cantati, fa venire una grande curiosità per ciò che riuscirà a fare nei panni di Paul McCartney nella saga biopic sui Beatles di Sam Mendes.

Seppure non brillando per originalità – la storia è semplice e ricorda un Brokeback Mountain musicale – Hermanus confeziona una partitura cinematografica ottimamente bilanciata in tutte le sue parti, dalla sceneggiatura, alle interpretazioni, passando, ovviamente, dalla musica. Le tante canzoni che costellano il film, soprattutto nella prima parte, non saranno orecchiabili come quelle di Moulin Rouge o di La La Land, ma danno voce e senso a tutto ciò che accade sullo schermo, sia nei momenti felici, che in quelli tragici. D’altronde “la vita è piena di problemi, puoi essere triste, o cantarci su”.

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21 Maggio 2025

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