‘Testa o Croce?’, Alessandro Borghi tra allegoria, ruralità e mistero

Il film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis in Concorso a Un certain regard: la leggenda di Buffalo Bill - interpretato da John C.Reilly - diventa realtà nella Roma dei primi del ‘900, un thriller che omaggia Western e mito della frontiera, con protagonista femminile Nadia Tereszkiewicz


CANNES – Non è stato solo una leggenda, ma una realtà: Buffalo Bill.

È lui il soggetto pop intorno a cui ruota Testa o Croce? di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, film italiano in Concorso a Un certain regard.

De Righi e Zoppis – nell’incontro con la stampa italiana che precede l’anteprima ufficiale del film a Cannes, raccontano: “Volevamo fare un western italiano ambientato in Italia. Buffalo Bill fece questo tour in Europa e in uno dei due viaggi italiani si narra di questa sfida tra butteri e cowboy. La storia la conoscevano sin da bambini e ci sembrava un punto per iniziare il film e per dare un’ambientazione perfetta: il western classico è la partenza, per poi spostarci sulla storia di Santino e Rosa. L’idea è stata giocare con il genere, costruire un film con una premessa classica e poi attraversare i sub generi del western”.

Siamo agli inizi del ‘900 quando il Wild West Show di Buffalo Bill arriva a Roma per vendere il mito della frontiera: nella cornice di una gara di doma tra cowboys e butteri italiani, appunto, Rosa (Nadia Tereszkiewicz), giovane sposa del signorotto locale, s’innamora di Santino (Alessandro Borghi), buttero – bello, orfano e romantico – che vince la sfida.

La vicenda si tinge di thriller e sulla testa di Santino viene messa una taglia, mentre Rosa sogna l’America, perché “lì puoi diventare la persona che vuoi”.

Del suo Santino, buttero distante dall’immaginario macho archetipico del genere, Alessandro Borghi racconta che “l’unica cosa che lui sa fare è andare a cavallo: non sa sparare, non si sa innamorare, non ha gli strumenti per provare a essere altro, tanto che fa delle fragilità e dei limiti il personaggio stesso. In fondo viene preso a schiaffi dagli eventi e viene salvato da Rosa. È un meraviglioso scemo, emblema di quello che siamo un po’ tutti noi maschi. Questo è un film proprio pensato per sovvertire una serie di equilibri”.

In primis quello dell’immaginario tutto al maschile del western, infatti, confermano i registi, l’intento era “sovvertire il genere, una passione cinefila, e costruirne uno personale. Il titolo, per esempio, rappresenta i due lati della moneta: il film parte con Buffalo Bill che racconta la sua avventura, quindi il nostro titolo non è tanto ciò che esce dal lancio della moneta ma ciò che uno desidera quando la moneta rotea nell’aria”.

E lui, che BB lo incarna sul grande schermo, ovvero John C.Reilly, racconta di essere stato “parecchio in soggezione all’idea di interpretare questo personaggio assolutamente leggendario. Io, onestamente, da piccolo non pensavo nemmeno che fosse veramente esistito, pensavo fosse immaginario. C’è stato tanto senso dell’umorismo proprio su come portare sullo schermo questo tipo di personaggio, che appartiene al nostro immaginario. È stata un’esperienza bellissima per me, adoro andare a cavallo, mi piace il western, quel set sentivo assolutamente fosse l’ideale per me, e poi farlo in Italia è stata un’esperienza surreale, siamo stati in moltissimi posti meravigliosi. In realtà, anche parlando con i registi, la cosa su cui ci siamo trovati d’accordo è che si tratti di un personaggio ambivalente, perché da un lato è qualcuno che ha vissuto, ha fatto l’esperienza delle guerre contro i nativi d’America, e dall’altro racconta queste storie completamente di finzione. Lui aveva anche un background familiare molto interessante, perché la madre era stata una suffragetta, il padre un abolizionista ucciso dopo aver fatto un discorso contro la schiavitù, quindi veniva da una famiglia molto intelligente, molto progressista, al tempo stesso era anche un personaggio molto ipocrita. Quindi, questa ambivalenza è stata molto interessante, e poi lui in questa fase era nella parte un po’ finale della sua carriera, diciamo nei suoi ultimi anni, non erano i primi anni quando era un giovane cowboy sul Pony Express, quindi è stata anche rappresentata una parte specifica”.

Mentre per Nadia Tereszkiewicz s’è trattato di “un percorso emozionale questo film, come succede a Rosa: ho cominciato scolastica – imparando tutte le battute con precisione – per finire improvvisando in italiano. Alessandro ha una generosità che cambia tutto, anche per la recitazione, è cosa preziosa per fare un film insieme. Alla fine, il percorso emozionale era anche che tutti i giorni ci sarebbe stata la libertà di non sapere esattamente come sarebbe andata, la libertà era anche prendere  quello che accadeva sul momento, grazie anche ai registi in ascolto”.

Borghi aggiunge che “Nadia mi ricorda tantissimo me quando ho iniziato questo lavoro, ha una visione ancora incantata. Ci siamo spalleggiati tantissimo”.

Testa o Croce? non è un film nostalgico del passato, ma un film in ascolto di un tempo altro, che ancora ci abita, esempio di un cinema d’autore italiano contemporaneo capace di interrogare i propri strumenti e di reinventare i propri miti, per cui De Righi e Zoppis commentano che “essendo in due lo scambio di reference è continuo, è parte cruciale del lavoro, fino a arrivare alla cifra condivisa”.

Il film esce prossimamente con 01 Distribution.

 

 

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