Tahar Ben Jelloun: “La cultura non fermerà la guerra, ma gli artisti sono essenziali”

Presidente onorario del concorso cine-letterario "Bookciak, azione!", l'autore ha raccontato la sua visione sul tema scelto per la 13ma edizione, "La pace quotidiana"


VENEZIA – Torna al Festival di Venezia il concorso cine-letterario Bookciak, azione!, dedicato quest’anno alla “Pace quotidiana”. A dare voce alla complessità del tema è un’ospite d’eccezione; lo scrittore marocchino, naturalizzato francese, Tahar Ben Jelloun, presidente onorario del concorso e ospite delle Giornate degli autori. Nel suo ultimo libro, Lurlo. Israele e Palestina. La necessità del dialogo al tempo della guerra, pubblicato da La nave di Teseo, l’autore le elenca tutte le sfaccettature di una guerra sempre più ridotta a slogan ed estremi inconciliabili, di cui restituire la complessità appare quasi impossibile. “Mi sento solo – ammette Ben Jelloun- perché alle persone piace il radicalismo, e questo è un argomento che divide”.

All’artista, mentre “si allarga una terza guerra mondiale diffusa”, resta il suo lavoro, specifica Ben Jelloun, la tenacia utile a non arrendersi alle semplificazioni e all’abbandono dell’umanità. “Cosa posso fare io? Continuare a scrivere. La cultura è essenziale per lottare contro l’ingiustizia e contro la guerra. In Palestina anche ci sono dei poeti molto importanti che non piangono, ma fanno il loro lavoro, esprimendo quello che sta accadendo. Così, anche il cinema è essenziale”. L’autore, però, lancia un monito, richiamando alla praticità. “La cultura deve esistere, ma da sola, di certo, non può fermare la guerra”. E continua: “Quando ero giovane manifestavo contro la guerra in Vietnam accanto a grandi intellettuali. Non abbiamo fermato la guerra ma i vietnamiti hanno sentito il nostro sostegno, ed è stato importante”.

“Ricordo l’anno in cui Salman Rushdie è stato condannato dalla fatwa e al festival di Cannes Isabelle Adjani ha letto delle pagine del libro proibito, un gesto simbolico per mostrare solidarietà. Questo può fare la cultura”. Poco spazio, nelle parole dell’autore, per la speranza di una soluzione veloce del conflitto. “Sono disilluso sulla pace”, specifica esprimendo l’immenso dolore per l’attentato del 7 ottobre e per le vittime civili dei bombardamenti israeliani.

“I conflitti, le divisioni, sono sempre esistiti nella nostra specie, ma la natura, seppur nelle varie differenze, ci ha creati tutti uguali!”, continua Ben Jelloun. “Siamo stati noi a inventare le diseguaglianze, le gerarchie, decidendo chi sta sopra e chi sotto. Tutto questo non è vero, e io lo racconto nelle scuole, davanti a bambini che rimangono attoniti per le mie parole. A distinguerci è il modo in cui siamo al mondo, e che tipo di umanità dimostriamo. Eppure, come vediamo, non va così. Un comico francese ha detto ‘alcune persone sono più uguali delle altre’, una frase un po’ sciocca, eppure così vera”.

Dall’ultimo libro e dai pensieri di Tahar Ben Jelloun è nato anche un corto, realizzato dagli studenti dell’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni di Busto Arsizio; Posti vuoti, firmato dall’ex studentessa dell’istituto Viola Folodar, con la sceneggiatura di Massimiliano Scuriatti, scrittore e docente della scuola.

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