Solo l’Italia dice no ai Masters of horror


La fortuna di Masters of Horror è partita dal Torino Film Festival (che l’anno scorso ha presentato la prima serie della collana realizzata per la Sony Pictures Television a Vancouver) ed è arrivata in tutto il mondo. Italia esclusa. Mick Garris, producer di questi film che ti inchiodano alla poltrona dal terrore e che recano firme prestigiose, da John Landis a John Carpenter, è stupefatto. “E’ stato acquistato ovunque, venduto letteralmente in tutti i mercati, tranne che da voi. So che bolle in pentola un accordo per la distribuzione in dvd, ma non c’è nulla di certo”.

 

I motivi non sono ufficialmente noti, ma pare che non sia piaciuto l’eccesso di sangue e riferimenti sessuali. E dire che la presenza di Dario Argento, che ha firmato due dei 14 episodi, dovrebbe essere un ottimo biglietto da visita. Se ce ne fosse bisogno. Horror, splatter, grottesco, thriller politico, satira di costume: i piccoli film, che durano 60′ e sono realizzati a basso costo ma con estrema cura, rappresentano una piccola enciclopedia del genere con annessi e connessi. Sono interpretati da attori molto bravi anche se non da divi. A Torino spopolano, sul mercato nordamericano hanno un successo tale che sta per essere varata la terza serie che dovrebbe coinvolgere nomi come Roger Corman e Wes Craven (finora rimasti fuori per un eccesso di impegni) oltre a Guillermo Del Toro, che sarà qui al festival di Torino, in chiusura, con Il labirinto del fauno, un fantasy ambientato nella Spagna post-guerra civile già visto a Cannes.

 

Del resto spesso queste storie di efferati omicidi, serial killer e follia, hanno un retrogusto politico. “Sicuramente – dice ancora Garris – c’è un legame, anche se non consapevole ed esplicito tra questi riferimenti e le posizioni di critica all’America di Bush, un’America dominata dalla minoranza evangelica, in cui l’elemento religioso ha rappresentato un pericolo per noi tutti, con le sue conseguenze su scala internazionale. Ma l’horror -riflette ancora il produttore e regista – ha da sempre un legame con la religione e le paure che la religione instilla nei bambini, con la sua dimensione del male e l’anelito al bene. Esempi: dal Golem a Frankenstein passando per Mister Hyde.

 

Mick Garris, che ha collaborato alla versione televisiva di vari romanzi di Stephen King di cui è un ottimo amico, ha una sua opinione anche sull’attrazione che il sangue e l’orrore esercitano sul pubblico e non solo in questo secolo. “Ci sono molte ragioni, ma il motivo principale, a mio parere, è che l’horror ci permette di confrontarci con le nostre parti più oscure, con le paure più profonde e recondite, ma senza correre alcun rischio. Ecco perché piace soprattutto nei momenti di crisi: guerre, depressione economica, spaesamento”. Chi è che diceva: suave mari magno?

autore
16 Novembre 2006

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