CANNES – Piccolo ruolo per Riccardo Scamarcio nel film di Maiwenn Polisse, in concorso a Cannes per la Francia e terzo titolo a firma femminile della competizione. Opera corale con interpreti come Karin Viard, Marina Fois, Joeystarr, Sandrine Kiberlain, Polisse vede l’attore italiano nel ruolo del compagno di una fotografa (la stessa Maiwenn) incaricata dal ministero degli Interni di realizzare un reportage sulla squadra di tutela dei minori che agisce nella periferia di Parigi, a Belleville e dintorni. Scamarcio recita in italiano e in francese e appare in tre scene quasi sempre insieme alle due bambine, gemelle, avute dalla coppia. Che proprio una coppia non è, visto che vivono in due appartamenti separati e che non si frequentano più di tanto, finché lei non si innamora di uno dei poliziotti della squadra speciale e lascia il suo “fidanzato” italiano senza tanti drammi né cerimonie.
Tra cinema verità e soap opera, Polisse (il titolo è una storpiatura infantile della parola “police”) vuole essere un’immersione nella lotta contro la pedofilia in tutte le sue forme, mostrando che gli abusi avvengono in famiglie povere ma anche in ambienti altoborghesi. Più tangenzialmente i poliziotti, che la regista segue anche nei dettagli della loro vita privata spesso disastrata proprio per l’impatto emotivo dei casi che si trovano ad affrontare, si occupano anche di sventare lo sfruttamento dei minori coinvolti in piccoli crimini, della tutela dei piccoli immigrati, di prostituzione adolescenziale (magari in cambio di una ricarica telefonica) e di maltrattamenti a vario titolo. Con scene anche strazianti, come quella del piccolo africano che la madre lascia in casa famiglia perché non può più dargli un tetto o quella della ragazzina che partorisce un feto prematuro nato in seguito a una violenza. Scritto dall’autrice – nota soprattutto come attrice ma ormai lanciata in una carriera da regista benedetta anche da due candidature ai César per la sua opera prima Pardonnez-moi -insieme a Emmanuelle Bercot, Polisse si avvale di un cospicuo e meritevole lavoro di ricerca sul campo che resta decisamente la cosa più interessante del progetto. Ma allora non sarebbe stato meglio fare un documentario tout court?
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