Rafi Pitts: “Un western neorealista da Teheran”


Una Teheran che sembra Los Angeles e un eroe solitario e ribelle che pare uscito da un film americano degli anni ’70. L’iraniano Rafi Pitts stupisce con il suo The Hunter (in sala con Fandango dal 17 giugno) storia del cacciatore Ali. Da poco uscito di prigione, fa la guardia notturna per mantenere la figlia di 7 anni e la moglie (la bellissima attrice Mitra Hajjar, una star nel suo paese). Lo vediamo  muoversi con la sua auto verde in una Teheran caotica e occidentalizzata. Ma una mattina, tornato a casa dal lavoro, non trova nessuno. Poco dopo, al commissariato, scoprirà che forse la donna è stata uccisa durante gli scontri tra manifestanti e polizia e la piccola è semplicemente sparita. Ma tutto è oscuro e ambiguo, l’attesa interminabile, le risposte vaghe se non strafottenti. Finché il taciturno Ali non sale su una collina che domina l’autostrada e imbraccia il suo fucile di precisione per sparare su quei poliziotti che ritiene colpevoli della rovina della sua famiglia come se fossero le prede che caccia nel bosco.

 

Pitts, che vive a Parigi e non può rientrare in Iran per motivi politici, non si pronuncia sul perché Alì avesse scontato il carcere. “Potrebbe essere stato uno degli studenti coinvolti negli scontri del ’99, ma è importante che non abbia abbastanza tempo per stare con la famiglia e che il contesto in cui vive faccia di lui una bomba a orologeria pronta ad a esplodere, a farsi del male o fare del male agli altri. E’ l’intera società iraniana che potrebbe esplodere e i confini tra cacciatore e cacciato tendono a confondersi”. Prosegue il regista, che si è ritagliato anche il ruolo del protagonista dopo che l’attore che aveva scelto si è rivelato inaffidabile:
“Abbiamo girato durante la campagna elettorale per le presidenziali e la voce dell’ayatollah Khamenei che si sente alla radio ha un effetto ironico, è quasi una risposta alla campagna di Obama. L’ironia è il mio modo di aiutare gli spettatori a capire una situazione complessa, che non si può risolvere e spiegare in 90 minuti di film”.

 

The Hunter, che è reduce da due festival in importanti come Berlino e Torino, è dedicato a Bozorg Alavi, scrittore e politico iraniano, in esilio a Berlino Est dal 1953 fino alla morte avvenuta nel 1997 e che è stato uno dei fondatori del partito comunista in Iran nel 1940. Pitts spiega che ha trovato ispirazione proprio in un racconto di Alavi, The Man from Gilan, del 1952, ma avverte: “Non si tratta di un adattamento vero e proprio, sono le impressioni suscitate da quella lettura che mi hanno dato spunto”. Il film vuole essere secondo il regista, già autore di It’s Winter e di un documentario su Abel Ferrara, un tentativo di mescolare neorealismo e formalismo. “E’ un western neorealista che affronta il tema del sentimento di oppressione che in Iran ci pervade”.

 

 

autore
01 Giugno 2011

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