Ocelot: Una favola in 3D con le ombre cinesi


BERLINO Può sembrare un controsenso girare un film d’animazione in 3D stereoscopico e scegliere come protagoniste… delle ombre cinesi. Ma è proprio una sfida degna di Michel Ocelot, inventore di Kiriku e la strega Karabà e di Azur e Asmar, che nel “3D Day” della Berlinale ha portato in concorso Les Contes de la Nuit, un ritorno alle origini del racconto – quasi un viaggio per il mondo attraverso le favole, alla Mille e una notte – realizzato con la tecnologia più moderna e più modaiola. A percorrere lo schermo, nel film, sono solo delle sagome nere, prima quelle di due ragazzi e un anziano tecnico che si ritrovano in un cinema che sembra abbandonato, e poi le favole che sgorgano dalla loro fantasia, incastonate in un tripudio di colori e di scenografie esotiche. “Prima usavo le tecniche tradizionali più semplici perché non avevo denaro a sufficienza per fare diversamente, ma se ho soldi faccio di tutto – spiega subito Ocelot – Già Azur e Asmar, per me, era un 3D totale. Ora che ne avevo la possibilità, invece, mi sono divertito a usare la stereoscopia, che va tanto di moda, per tornare alle immagini semplici delle ombre cinesi”. D’altronde, per Ocelot, la tecnologia è una questione secondaria, se è vero, come si dice nella favola del tamburo magico di Les Contes de la Nuit, che “in realtà ad essere magico non è il tamburo, ma le mani di chi lo suona”.

I racconti nati dalla fantasia dei tre amici parlano di stregoni e lupi mannari, di potenti re e cavalli parlanti, di tamburi magici e città dorate, e si immergono nelle luci dell’Africa e dei Caraibi, nella città dei morti e in regni incantati, opponendo la semplicità delle storie e dei loro protagonisti (sempre e solo sagome nere) alla coloratissima ricchezza degli ambienti. “Ho preso favole di ogni parte del mondo –  continua il regista – mi sono divertito a nuotare dolcemente in mezzo a queste e poi a rubacchiarne elementi qua e là, per creare ciò che piaceva a me”. Ciò che fantastica nei suoi film, il quasi settantenne Ocelot lo conferma con le parole e lo stile, quelli di un regista sognatore che coltiva con cura il bambino che è in lui: “Non cerco di tornare giovane, io sono giovane! Ho in me tutte le età, mi diverto e cerco di divertire il pubblico, senza alcun calcolo”. E non si scompone minimamente se qualcuno, tra i giornalisti, lo accusa di aver dato importanza soltanto alle figure maschili, con un ragazzo-eroe protagonista di ognuna delle sei favole: “In tutto ciò che faccio, cerco il rispetto e l’uguaglianza tra uomo e donna. Forse in questo caso senza accorgermene non l’ho fatto. Se è così, ne sono inorridito”.

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13 Febbraio 2011

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