L’impacciato Charlie (Logan Lerman), la bellissima Sam (Emma Watson) e il suo fratellastro, l’istrionico Patrick (Ezra Miller) sono di ritorno a casa dopo una festa. Dalle casse dell’autoradio si diffondono le note di “Heroes” di David Bowie. Sam, euforica, ha un’idea: “Patrick, dobbiamo attraversare il tunnel!”. Lui la asseconda, come sempre.
La ragazza si alza in piedi nel cassone sul retro e affronta il vento gelido a braccia spalancate. La canzone urla “possiamo essere eroi anche solo per un giorno” e, quando Charlie, ancora un po’ intontito dalla sbornia, si volta per ammirarla, sente la perfezione di quel momento. Così, alla domanda di Patrick su come si sente, risponde: “Mi sento infinito”.
Charlie sa di aver finalmente trovato degli amici, delle persone a cui volere bene e da cui ricevere affetto. Con loro accanto sarà tutto più facile. Fino a quel momento, Charlie, sedicenne ultratimido e schiacciato da un passato doloroso, era come carta da parati a cui nessuno fa caso. Il legame di profonda amicizia con i due fratellastri, all’apparenza fighi e felici, sarà per lui l’occasione per navigare più corazzato nelle acque insidiose del liceo e per affrontare i suoi demoni interiori.
Noi siamo infinito non è il primo film che parla di crescita, ma è sicuramente tra i migliori in assoluto grazie all’accuratezza con cui cattura il ricco arazzo di esperienze adolescenziali intrise di insegnamenti per tutta la vita.
La storia è così ben costruita, e innervata da tante sottotrame interessanti, che il film finisce col diventare lo specchio fedele della vita liceale stessa, con tutte le sue contraddizioni e le sue sfumature: è triste, divertente, difficile, stimolante, caldo. È un gioiello che racconta alla perfezione l’istante in cui tutto cambia.
Per molti, gli anni dell’adolescenza sono i più emozionanti della loro vita. La pura gioia di vivere il momento senza preoccuparsi delle responsabilità è ineguagliabile rispetto a qualsiasi altro periodo della nostra esistenza, e Noi siamo infinito diventa il bellissimo promemoria di quella parte di vita, quando ogni minimo momento veniva vissuto al massimo senza essere giudicato per le sue conseguenze.
A volte può essere difficile guardare l’adattamento cinematografico di un libro epocale, iconico, popolare fino a diventare un cult perché, troppo spesso, le sceneggiature non sono all’altezza della brillantezza della pagina. Questo non è il caso dell’adattamento del 2012 dell’amato romanzo di Stephen Chbosky del 1999, The Perks of Being a Wallflower. Uno dei pochi casi in cui è lo stesso scrittore a prendere le redini della regia e fare della propria storia una trasposizione efficace in film (il cui titolo originale è lo stesso del libro).
Anche dal punto di vista tecnico, il film è a dir poco brillante. La fotografia ha un’allure nostalgica, ma senza la patina stucchevole di certi film “che rifanno” il passato. La colonna sonora è fresca, emozionante, incisiva. I tre protagonisti sono eccezionali, soprattutto Ezra Miller nel ruolo di Patrick. La sua sola presenza illumina le scene. Emma Watson, reduce dal ruolo di Hermione Granger, dimostra di avere molto da offrire al di là della magniloquenza di Harry Potter. Logan Lerman ritrae le vulnerabilità, le ansie e le gioie di Charlie con un fascino e una sicurezza sorprendenti.
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