Moritz Bleibtreu: il fascino della divisa (nazista)


BERLINO – L’anno scorso era Joseph Goebbels in Jud Süss, quest’anno lo ritroviamo ricco mercante d’arte ebreo nella Vienna dell’Anschluss. Moritz Bleibtreu, uno dei beniamini della Berlinale, attore amato e conosciuto anche in Italia (recentemente l’abbiamo visto nel Vallanzasca di Michele Placido) è protagonista di Mein bester Feind (Il mio miglior nemico, proprio come nel film di Carlo Verdone vs Silvio Muccino), una commedia, presentata fuori concorso, dalla trama intricata ma dalla struttura elementare, dove si ride dei nazisti che fanno decisamente la figura degli imbecilli.

 

Sarebbe una notizia se il film fosse tedesco, ma è austriaco, diretto da Wolfgang Murnberger, prodotto da Josef Aichholzer (già produttore di un film ugualmente ambientato durante la guerra e arrivato fino all’Oscar come Il Falsario di Stefan Ruzowitzky) e finanziato anche con soldi del Lussemburgo. Scritto da Paul Hengge che si è ispirato al suo romanzo “Come Victor Kaufmann riuscì a sopravvivere ad Adolf Hitler” ruota attorno a due personaggi, ex amici. Accanto a Victor Kaufmann, c’è Rudi Smekal (Georg Friedrich), figlio di una cameriera e amico d’infanzia di Victor. Rudi torna a Vienna, dopo un soggiorno in Germania, perfettamente convertito in una camicia bruna e deciso a fare carriera e magari anche a rubare la fidanzata all’amico di sempre. Il quale, senza sospettare nulla, non esita a rivelargli il nascondiglio di un prezioso disegno di Michelangelo raffigurante Mosè. L’opera d’arte, a lungo creduta perduta, fa gola a Hitler in persona che vorrebbe regalarla all’alleato italiano come pegno dell’Asse Roma-Berlino. Ma il disegno viene fatto falsificare dal padre di Victor, poco prima della deportazione dell’intera famiglia (la madre è Marthe Keller) nei campi di sterminio. Lì il genitore morirà (non senza aver lasciato le sue ultime volontà a un altro prigioniero: in forma neanche troppo sibillina contengono le indicazioni per ritrovare l’oggetto). Mentre Victor sarà “liberato” (si fa per dire) proprio per recuperare il disegno autentico, altrimenti si rischia un incidente diplomatico con l’Italia (e bisogna vedere come ministri e burocrati del nostro Belpaese sono dipinti in versione farsesca). Comunque sia i due amici-nemici si ritrovano su un aereo che dovrebbe portarli a Berlino ma che precipita e finiscono per scambiarsi i panni e i ruoli. Con l’ebreo diventato ufficiale nazista e l’altro che, essendo circonciso, non può neanche dimostrare di essere ariano. 

 

Spiega il regista: “Io sono austriaco e forse per questo ho avuto il coraggio di fare un film irriverente su questo argomento, anche se c’è almeno un precedente, Mein Führer – La veramente vera verità su Adolf Hitler di Dani Levy. In genere il cinema ha trattato la deportazione solo con uno stile drammatico e politicamente corretto, alla Schindler’s List per intenderci. Ma io credo che non si debbano vedere gli ebrei soltanto dietro al filo spinato e per una volta il nostro eroe è proprio uno di loro”. Tuttavia la partita era rischiosa e adesso aspetta con una certa impazienza le reazioni dei commentatori tedeschi. Mentre la star di casa Moritz Bleibtreu non si è vista in una conferenza stampa dove si respirava un’aria di singolare indifferenza. E siccome è impegnato su un set qui a Berlino, poteva magari anche fare una capatina. Però, in un’intervista precedente, aveva raccontato di essere stato particolarmente impressionato da due film: La vita è bella di Roberto Benigni e Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. “Per ridere di queste cose bisogna camminare sul filo, mantenere sempre un senso di rispetto per le vittime, ma questi film hanno dimostrato che è possibile”. E così Victor Kaufmann passa dagli abiti del borghese alla casacca a righe dell’internato nel lager alla divisa nazista, ma sempre col sorriso sulle labbra e come niente fosse e senza perdere un chilo nonostante il vitto. Ma addirittura quando indossa la divisa nera delle SS, si guarda allo specchio ed esprime una certa soddisfazione. Sul fascino della divisa intervengono anche i suoi colleghi. Per Georg Friedrich: “L’uniforme nazista è una cosa che fa un certo effetto, ti fa sentire bene”. Mentre Uwe Bohm allarga il tiro oltre la seconda guerra mondiale: “Tutte le uniformi, e non solo quella nazista, sono espressioni di potere e quando le porti ti fanno sentire forte e invulnerabile”.

Battuta cult di Mein bester Freund, che uscirà l’11 marzo in Austria e in seguito anche in Israele: “Portate via quella sedia, ci si è seduto un ebreo”.

autore
16 Febbraio 2011

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