“L’amore non basta sempre. Ma a volte è tutto quello che abbiamo”. Con Mommy (2014), Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema canadese, ci regala un film che è un pugno allo stomaco e un abbraccio insieme, un’opera che esplora la complessità dell’amore tra una madre e un figlio attraverso una lente che amplifica la crudezza, l’intensità, ma anche il riverbero “umano”.
Ambientato in un futuro vicino in cui le leggi sanitarie del Canada sono cambiate, Mommy si presenta come una sorta di continuazione ideale della sua opera prima Io ho ucciso mia madre (2009). Tuttavia, questa volta Dolan cede il ruolo principale ad Antoine-Olivier Pilon e si riserva appena un personaggio secondario, apparendo in una sequenza onirica. Non sorprende che sia uno dei film più celebrati di Dolan, capace di conquistare il Premio della Giuria a Cannes e di entrare nel cuore di chiunque lo abbia visto.
Il film segue la storia di Diane “Die” Després (interpretata da una straordinaria Anne Dorval), una madre vedova dal temperamento ribelle, e di suo figlio Steve (Antoine-Olivier Pilon, appunto), un adolescente disfunzionale e violento, che si alterna tra insulti, esplosioni di rabbia e persino incendi. A complicare la loro relazione è l’ingresso di Kyla (Suzanne Clément), una vicina misteriosa e insegnante, che ha perso l’uso della parola a causa di un trauma irrisolto. I tre, con le loro fragilità e i loro conflitti, formano un triangolo emozionale che è il fulcro di questa tragicommedia intensa e disarmante. Diane e Steve condividono una relazione simbolica e profondamente dipendente, fatta di eccessi, amore e disperazione.
La firma stilistica di Dolan è immediatamente riconoscibile: il formato quadrato 1:1, che imprigiona i personaggi in uno spazio visivo limitato, riflette la loro oppressione emotiva e la lotta per trovare una via di fuga. Ma in una delle sequenze più memorabili del film, Dolan espande il formato, un gesto simbolico che rappresenta un raro momento di libertà e speranza per Steve.
Questa scelta, ispirata da fotografie vintage e dai limiti che spesso ci auto-imponiamo, amplifica l’intimità della storia e avvicina lo spettatore ai personaggi come se fosse intrappolato con loro. Rodata nei suoi forse eccessivi 134 minuti, la pellicola conferma il talento formale e l’incessante creatività di Dolan, anche se, talvolta, cede al capriccio estetico a scapito del cuore narrativo.
La colonna sonora, un mix di hit anni ’90 e 2000, è un altro tratto distintivo. Da Wonderwall degli Oasis a Experience di Ludovico Einaudi, ogni brano è perfettamente calibrato per amplificare le emozioni e raccontare i personaggi senza bisogno di parole. La musica non è solo un sottofondo, ma un vero e proprio personaggio, capace di rendere memorabili momenti che altrimenti sarebbero passati inosservati.
Curiosità? Xavier Dolan ha scritto il ruolo di Diane pensando specificamente ad Anne Dorval, sua musa e collaboratrice abituale. Nonostante il budget ridotto, Mommy è diventato un successo internazionale, consacrando Dolan come uno dei registi più promettenti della sua generazione. Il film si concentra sulla complessità dei rapporti umani e si inserisce perfettamente nella filmografia di Dolan, che comprende altre opere appassionate e disarmanti come Les amours imaginaires, Laurence Anyways e Tom à la ferme.
1. L’amore è imperfetto, ma necessario
La relazione tra Diane e Steve è tutto fuorché facile: è fatta di urla, litigi e momenti di pura disperazione. Eppure, il loro amore è il filo che li tiene insieme, una forza che, pur non essendo sufficiente a risolvere ogni problema, è indispensabile per andare avanti. Il film ci insegna che l’amore non deve essere perfetto per essere vero.
2. Nessuno può farcela da solo
L’ingresso di Kyla nella vita di Diane e Steve dimostra che, anche nelle situazioni più difficili, il sostegno esterno può fare la differenza. L’aiuto di una persona che comprende, ascolta e non giudica è spesso ciò che serve per affrontare le sfide più grandi. Mommy ci ricorda il valore della comunità e della connessione umana.
3. La speranza può esistere anche nei momenti più bui
Nonostante le difficoltà, Mommy non è un film privo di speranza. Le sequenze oniriche e i momenti di leggerezza suggeriscono che anche nelle situazioni più disperate ci sono spiragli di luce. Dolan ci invita a non perdere mai la capacità di sognare e di credere in un futuro migliore.
Mommy è un film che non si limita a raccontare una storia, ma entra sotto la pelle e rimane nel cuore. È un grido di amore, rabbia e speranza, un’opera che spinge lo spettatore a guardarsi dentro e a riflettere su cosa significhi davvero amare.
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