CANNES – E’ stata davvero grande l’emozione alla proiezione ufficiale di Habemus Papam, e per una volta non è retorica. Dieci minuti di applausi ritmati e Nanni Moretti che si è messo a piangere. Ma non c’è solo l’entusiasmo del pubblico di gala ad accompagnarlo in concorso. Il primo titolo italiano a scendere in campo è piaciuto un po’ a tutti: le recensioni sono positive, i giornalisti curiosi di conoscere tutti i retroscena dell’invenzione di una pellicola che parla con ironia della depressione di un cardinale appena eletto Papa, i compratori del Marché molto interessati (il film è già stato venduto in Francia, Belgio, Brasile, Grecia, ex Jugoslavia, Albania, Polonia, Portogallo, Romania, Svizzera e altri territori seguiranno).
Applausi e commenti favorevoli anche dai giornalisti internazionali, che hanno apprezzato l’ironia sottile, mai volgare o blasfema. “Habemus film”, ha detto qualcuno scherzando sul titolo. Grande ammirazione poi per Michel Piccoli, star francese che si candida, secondo molti, a un premio per l’interpretazione che potrebbe coronare la sua straordinaria carriera. Intanto un premio gli arriva già dall’Italia, il Nastro d’argento europeo 2011, che i giornalisti del SNGCI consegneranno a Villa Medici a Roma a fine mese come “un riconoscimento a un attore che da sempre ha un rapporto speciale con l’Italia”.
Sorridente e sornione, Piccoli si sta godendo questa giornata a Cannes come fosse un bambino di 85 anni che si può permettere più di una disubbidienza. “Terminare la mia carriera con Moretti sarebbe perfetto”, dice ad esempio l’attore tanto amato dall’iconoclasta Marco Ferreri. E quualcuno subito ha equivocato. Si ritira a vita privata? “No, non volevo dire che lascio le scene, ma solo usare un’iperbole per dire che Moretti è un regista straordinario. Amo i francesi, ma sono gli italiani che mi hanno insegnato la libertà di fare questo mestiere stravagante in modo creativo e selvaggio”. Con grande semplicità racconta il provino sostenuto a Parigi. “Io non avevo bisogno di riflettere perché conosco tutti i film di Moretti e ho detto subito si, ma lui no… Lui mi ha messo alla prova con un testo in italiano, lingua che non parlo anche se sono di origine italiana. E solo qualche giorno dopo ha detto che andava bene. A me all’inizio sembrava complicato interpretare un Papa dall’animo doppio, angosciato ma anche pronto a credere in Dio. Poi invece è stato tutto molto facile. L’unico problema erano le scarpe, troppo scivolose quando correvo”.
Dice Moretti, che in conferenza stampa ha schivato abilmente ogni polemica con il mondo cattolico, pur ribadendo il suo essere ateo da moltissimi anni (ha usato il motto coniato da Bunuel, ‘grazie a Dio sono ateo’): “Una cosa straordinaria di Piccoli è che è riuscito a entrare in sintonia subito con attori così diversi come, per esempio, i quattro che sono seduti a questo tavolo: Jerzy Stuhr, Dario Cantarelli e Renato Scarpa e me. Sapevo quanto era bravo, ma l’ho trovato più bravo di quanto mi ricordassi e mi sono reso conto che i suoi sguardi, le sue parole, i suoi silenzi, i suoi gesti, i suoi sorrisi, il suo modo di camminare hanno dato moltissimo al film. Senza di lui sarebbe stato più misero”. E alla fine della conferenza stampa Nanni ha benedetto scherzosamente Piccoli con il segno della croce.
Colpisce l’immaginazione dei presenti la scena del grido, quando il cardinal Melville neoeletto Papa rifiuta di uscire sul balcone a salutare la folla raccolta in Piazza San Pietro. Spiega Piccoli: “E’ un grido umano, che potrebbe avvenire anche di fronte a un evento non così capitale come l’elezione a papa. Quando un uomo, qualsiasi sia la sua religione, la sua passione politica o umana, si trova davanti a un’obbligazione insostenibile, al posto di una risposta impossibile per esprimere il sentimento di panico che prova c’è spesso un grido. E’ stato difficile farlo? No, perché Nanni, che sul set ama recitare anche le parti degli altri, mi ha proposto un grido che mi ha convinto subito. Però mi ha chiesto di ripeterlo: una volta, dieci volte, venti volte. Sono stato docile e attento, come faccio sempre, perché io sono uno che ascolta più che parlare. Qualche settimana dopo mi ha chiesto di fare un altro grido, stavolta in un bar. Quello è stato più difficile”.
Poi si lascia andare ai ricordi. Ed è Marco Ferreri a dominare la sua memoria. Michel racconta il loro primo incontro, imitando la vocina chioccia e buffa dell’autore della Donna scimmia. “L’ho incontrato e mi ha detto ‘vorrei vederla oggi’. Ho detto che non potevo e allora mi fa ‘va bene, domani al caffè’. L’indomani ha tirato fuori dieci fogli di carta e me li ha fatti leggere. Gli ho chiesto se voleva farne un film. Ha detto di sì. E lei vuole?”. Così è iniziato Dillinger è morto. “Il mio ruolo era quasi muto, ma questo permetteva di essere ancora più inventivi. Marco non ti dava nessuna indicazione. Diceva solo vai lì, vai là, motore! E anche gli altri attori italiani che lavoravano con noi non discutevano mai. Si era formato un gruppo straordinario… Marcello si metteva il rossetto sul naso per gioco e lui diceva ‘va bene, la facciamo così la scena, col naso rosso’. Per il vostro paese è un grande onore avere avuto un artista come lui”.
Quindi un commento sulla ritrosia di Moretti riguardo ai temi politici. “Forse non vuole più parlarne perché la presenza continua di Berlusconi da tanti anni è per lui, come per molti italiani, un dolore. Lo è anche per i francesi, almeno per quelli che sanno chi è Berlusconi. Moretti è stato un artista politico e un cittadino impegnato, oggi ha diritto di essere sfinito”.
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