Michael Douglas, tra il nido del cuculo e il metodo Kominsky

L'attore celebra i 50 anni di 'Qualcuno volò sul nido del cuculo', che gli valse un Oscar come produttore, ripercorrendo la sua carriera al Taormina Film Festival


TAORMINA – 50 anni fa usciva Qualcuno volò sul nido del cuculo, il film che cambiato per sempre la vita di Michael Douglas, seppure non ci abbia mai recitato. “È il primo film che ho prodotto e quello che ha avuto più successo – dichiara il celebre attore ospite del 71° Taormina Film Festival, che lo premia al Teatro Antico – Un’esperienza incredibile: sono stato molto fortunato perché è un film che ho ereditato da mio padre, che lo aveva opzionato negli anni ’60, ma non era mai riuscito a produrlo. Io lessi il libro all’università e non sapevo che mio padre stava cercando di trarne un film. Ci ho lavorato per tanti anni e quando è stato realizzato ha cambiato la mia vita. Amavo questo progetto ma non sapevo che sarebbe stato un grande successo. Mi ha dato la riprova che il mio istinto è un grande istinto. Abbiamo fatto una promozione globale, ricordo di essere andato anche a Roma, passai una serata con Antonioni, De Sica, Bertolucci, Lina Wertmüller. Io e Jack Nicholson venimmo ricevuti con grandissimo calore, non c’era invidia perché tutti amavano il nostro film”.

Se Qualcuno volò sul nido del cuculo è stato il suo più grande colpo di fortuna (a eccezione dell’incontro con sua moglie Catherine Zeta-Jones), la sua più grande delusione sono state “le ultime elezioni statunitensi”. “Sono nato durante la seconda guerra mondiale, ma questo momento è ancora peggio. – commenta – Credo che il mio paese abbia grandissime responsabilità per il caos che esiste nel mondo. Mi vergogno e mi scuso con tutte le persone che non vivono negli USA. Ci sono guerre ovunque, per questo penso che sia il momento giusto per raccontare storie e fare film”.

Nonostante l’Oscar da produttore vinto 50 anni fa, Douglas è ricordato principalmente per le sue interpretazioni attoriali. “Sono un attore di seconda generazione. – afferma – Tutti all’inizio mi dicevano sei proprio come tuo padre. La difficoltà principale è proprio quella di trovare la tua identità. L’Oscar come migliore attore protagonista per Wall Street è stato fondamentale perché mi ha fatto uscire dall’ombra di mio padre, è stata la prima volta che mi sono sentito riconosciuto come attore. Avevo vinto l’Oscar che mio padre non era mai riuscito a vincere, nonostante tre nomination: questo mi ha dato tanta sicurezza e fiducia in me stesso. La gente pensa che visto che sei figlio di un attore, la strada è spianata: tutti i genitori aiutano i propri figli, ma non possono fare più di tanto quando devi iniziare a camminare con le tue gambe”.

È difficile avere successo per due generazioni, figurati per tre. – continua facendo riferimento ai figli Dylan e Carys – Io l’ho fatto per un senso di rivalsa nei confronti dei miei genitori. Ho iniziato a fare teatro perché era la situazione più comoda, ma avevo paura del palcoscenico e vomitavo prima di salirci. Entrambi i miei due figli recitano. Io e mia moglie ne apprezziamo la bravura e la passione. Non vediamo perché non supportarli”. E sulle difficoltà che affrontano gli attori invecchiando, aggiunge: “Credo che per le donne sia un po’ più difficile invecchiare, è vero. Al tempo stesso, e lo sto sperimentando con mia figlia, le attrici iniziano a essere richieste molto prima degli uomini”.

Ma in che modo ha scelto i suoi progetti nel corso della sua carriera? “Ho sempre studiato tantissimo il copione per capire se si trattava di un buon film: a volte è meglio fare una piccola parte in buon film che un gran ruolo in brutto film. Il consiglio più grande che posso darvi e di non sprecare il vostro tempo su idee mediocri, cercate sempre di scrivere al meglio. Credo che sia questo il filo conduttore della mia carriera: fare sempre film di qualità mi ha portare ad avere una buona reputazione come attore”.

Più recentemente, a guidarlo è stata la curiosità di sperimentare. “Ho recitato in Ant-Man perché non avevo mai fatto un film con tanti effetti speciali. Mi sentivo un idiota perché dovevo seguire le indicazioni ma non c’era niente intorno a me. Non è uno dei miei film preferiti, ma ho grande rispetto per tutti gli attori coinvolti e credo che sia un buon lavoro. La serie Il metodo Kominsky l’ho fatta perché non avevo mai recitato in una commedia, mentre la serie su Benjamin Franklin perché non avevo mai fatto un period drama. Praticamente tutti i miei film sono ambientati in epoca contemporanea”.

“Mentre facevo Wall Street ho capito che la recitazione sta nel mentire. – conclude Douglas – Gli attori sono grandi bugiardi. A volte vivi esperienze reali, ma spesso devi mentire e ci sono attori più bravi di altri a farlo. Quando state recitando non vi preoccupate perché nessuno sa se state dicendo la verità o no. Neanche la telecamera”.

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10 Giugno 2025

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