Maura Delpero: “chi fa la guerra diventa stupido”

La regista di 'Vermiglio', vincitore del David per il miglior film, per la miglior sceneggiatura e molte altre categorie, tiene un incontro con i giornalisti il giorno dopo la premiazione


Maura Delpero, regista di Vermiglio, vincitore del David per il miglior film, per la miglior sceneggiature e molte altre categorie, tiene un incontro con i giornalisti il giorno dopo la premiazione.

Con lei i produttori Francesca Andreoli, Leonardo Seragnoli, Santiago Fondevila Sancet, Andrea Occhipinti, Samanta Antonnicola, Paolo Del Brocco.

“Eravamo tre donne su cinque – dice Delpero – quindi potevamo aspettarcelo, la cinquina era interessante. Quello che mi ha stupita e dato gioia è stata la premiazione di reparti un po’ sconosciuti in Italia. Già eravamo contenti della nomination, ma è un bel segnale nella logica di premiazione dell’Accademia. Un dispiacere che non sia potuto intervenire Michail Kričman, ha una grave situazione con il figlio e la guerra”.

Ma quanti ‘no’ sono dovuti arrivare prima di poter produrre il film? “Non troppi – ammette la regista – ma il problema è stato fare tutto con molta fatica e pochi soldi. Non c’è uno star system, ho avuto una settimana di meno per girare di quanto avrei potuto. C’era il rischio di perdere in qualità, l’ho difeso con le unghie e con i denti, ma c’è anche una questione di resistenza psico-fisica. Serve sostegno nel tempo del fondo pubblico, perché noi facciamo un lavoro vulnerabile. I nostri successi sono frutto dei nostri errori, a volte si sale e si scende, ma ricordiamo sempre che ci sono dietro vite e famiglie. Facciamo un lavoro che va sostenuto nel tempo. Si è sentito ieri in sala. Il mio è un film antimilitarista ma non si tratta solo di cosa raccontare, ma del come. Come evito l’adrenalina subliminale che di solito si dissemina nei racconti di guerra? Quella virilità, quel testosterone che ci accompagna e in realtà favorisce la guerra. Non ci sono eroi in cui ti puoi immedesimare nel mio film. Ci sono uomini rotti e resi stupidi. Fare la guerra non è bello”.

E ora che strada prenderà la sua carriera? “Mi sono fatta il mazzo, ho lavorato più del dovuto perché dovevo comunque portare a casa lo stipendio – dice – però questo mi ha insegnato a essere libera. Il documentario è stata una palestra, ma non deve essere considerato solo l’anticamera della fiction. Ha un linguaggio suo, con grande accessibilità, che permette anche di sperimentare tanto. L’ibridazione è interessante, soprattutto tra varie arti, per non rendere un cinema troppo autoreferenziale. Comunque – scherza – Troisi diceva che non bisogna fare il secondo film, ma passare subito al quarto”.

Delpero, UFO del mondo del cinema, lascia a terra il premio Oscar Sorrentino: “Mi sembra che accada tutto velocemente – commenta – comunque non vengo dal nulla. Ho fatto il mio percorso e mi sono misurata con l’industria. Vengo da una struttura, dal dovermi confrontare coi limiti della grande macchina e poterne godere, quando fai un cinema come il mio anche la scala si deve adeguare. Ho un modo di fare cinema terreno. Abbiamo fatto tutto orizzontalmente quando si poteva. Quanto a Paolo, ha vinto un sacco di premi e molti David. Sono felice per me e per la mia squadra, non rispetto ad altri. C’era festa ieri sera ed è stato bello, abbiamo sempre bisogno di essere sostenuti”.

Del Brocco sottolinea: “Nessuno vince e nessuno perde, c’erano tanti grandi film e oltre 1700 votanti. E questi premi servono proprio soprattutto agli autori emergenti. Il film rappresenta proprio il punto di incontro tra il cinema del reale e la fiction”.

Le donne rappresentano un’innovazione nel cinema? “E’ un passaggio che serve. Le cose cambieranno. L’obiettivo è non accorgercene più. Le mie nipoti non dovranno più dire ‘ci sono tante donne nel cinema’. Ma non si tratta solo di vincere come donna, ma anche come figura periferica, il desiderio è un motore molto forte. Tuttavia speriamo che il cinema si apra a più generi, più sessualità, più economia. L’importante è non fare passi indietro”.

Circa l’attualità: “ieri sentivo una certa sensibilità, quasi un imbarazzo del festeggiare mentre nel mondo accade di tutto. Mi hanno chiesto di parlare di tanti argomenti… ma io parlo di quello che conosco. Non esce certo ieri l’antimilitarismo del film. Ma senza rischiare abusi o slogan, c’è stata una volontà di non chiudere occhi e orecchie, in una bolla, ma anche di evitare di chiacchierare di tutto”.

Come ricordano i distributori, il film, Leone d’argento a Venezia, è stato anche un successo in sala e per i mercati esteri.

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08 Maggio 2025

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