BERLINO – Gli squali della finanza hanno un’anima. Sono persone come noi. Anche quelli che si sono arricchiti con le bancarotte. Questo sembra volerci dire JC Chandor, che al suo esordio alla regia calca (in concorso) il tappeto della Berlinale dopo un passaggio al Sundance. Il suo Margin Call è un thriller finanziario “tutto in una notte” per cui ha chiamato a raccolta un cast stellare (in pratica l’unico davvero glamour a sfilare quest’anno sulla passerella berlinese) composto da Kevin Spacey, Jeremy Irons, Demi Moore, Paul Bettany e Stanley Tucci. Uomini e donne con il mito del denaro che lavorano in una banca d’affari e quotidianamente hanno intorno un viavai di colleghi costretti a riempire la scatola di cartone e sloggiare, dopo spietati quanto improvvisi licenziamenti. Ma loro, come gli ricorda il boss Spacey, sono i migliori, per questo sono rimasti, e devono continuare a far fruttare tesori virtuali e gonfiarsi le tasche. Finché Eric/Stanley Tucci, appena fatto fuori, non consegna al pivellino di turno (Zachary Quinto, anche produttore del film) dei dati che dimostrano che la società sta per affondare. E in una notte di interni adrenalinici i superstiti devono decidere che fare: salvare (e arricchire) se stessi lasciando in mano agli investitori solo titoli tossici diventati carta straccia, o salvaguardare l’azienda e un briciolo di moralità?
“C’era un momento in cui non si potevano leggere giornali senza leggere che i bancari sono avidi, brutte persone, immorali. Ma in realtà sono persone normali – sostiene Kevin Spacey – Il fatto di umanizzare questo tipo di personaggi può essere criticato, ma è stato un piacere lavorare con JC Chandor, questa sua sceneggiatura permette di mostrare il lato umano di ciò che è successo nel 2008”. Naturalmente, ogni riferimento alla bancarotta colossale della Lehman Brothers è puramente intenzionale. Ed è molto difficile non pensare anche al recente Wall Street, il denaro non dorme mai di Oliver Stone, che teorizzava sullo stesso mondo fatto di denaro virtuale, immorali guadagni stratosferici e altrettanto stratosferiche bancarotte esistenziali. “Come artista ho osservato ciò che succedeva intorno a me – dice il regista – Tutti dicono che in questi meccanismi c’è eccessiva avidità, ma la nostra sceneggiatura mostra che nessuno è stato poi così tremendamente avido, tutti avrebbero fatto lo stesso. Tutto il paese si comporta avidamente, oggi tutta una cultura riposa su questa avidità, che crea il fallimento sociale e il crollo del sistema. Ma ovviamente, quando a essere travolti da questa avidità sono un paese intero o un’intera società, i risultati sono catastrofici”.
Margin Call – che arriverà nelle sale italiane con 01 Distribution – ci porta dentro il meccanismo, trasforma gli squali in uomini con le loro incertezze, angosce e dilemmi morali. Ci porta a chiederci cosa avremmo fatto noi al loro posto. E la risposta non è così semplice come si potrebbe pensare. “C’è una certa ipocrisia quando si parla di bancari – conferma Paul Bettany in realtà siamo tutti avidi. Se l’obiettivo è guadagnare il più possibile, loro lo hanno fatto. C’è una sorta di malinteso: stiamo parlando di persone estremamente creative che hanno costruito più soldi di quanti ce ne fossero realmente. E’ più difficile giudicarli dopo l’esperienza di questo film”. Anche Jeremy Irons, qui nei panni scomodi del cattivone senza scrupoli, ammorbidisce la questione, e il suo personaggio: “In fondo il mio personaggio voleva solo salvare la baracca, cioè fare il suo lavoro. Ci sono persone che prendono decisioni difficili e grandi, sono persone necessarie, ma bisognerebbe che ci fosse più moralità”.
Tra i divi di Margin Call, il più fotografato è comunque Kevin Spacey, villain di culto ne I soliti sospetti che qui cambia un po’ pelle, in conferenza stampa ironizza spesso e volentieri – “il ministro tedesco dell’economia è invitato stasera alla proiezione, forse ne trarrà qualche insegnamento” – ma non si sottrae alle domande serie, come quella sulla mancata presenza a Berlino di Jafar Panahi: “Abbiamo esempi nel mondo di persone che si battono per libertà di espressione. Succede in Russia, in Egitto, in Iran. Sono lotte che durano a lungo, e chi ha la possibilità e l’influenza per farlo, dovrebbe sostenere il più possibile queste voci. E’ uno scandalo che Panahi non sia potuto venire”.
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