RICCIONE-“Come autore non ho mai sentito il dovere sociale di raccontare al pubblico momenti della nostra storia, ma sicuramente c’è qualcosa che batte dentro di me, una discreta fissazione, un’immagine che ricorre, e che mi spinge a farlo. Mi urgeva raccontare Aldo Moro, cosi come Enzo Tortora, quest’ultimo non nel nome della giustizia, ma più come riflessione sulla giustizia. Non sono serie ideologiche o prevenute, ma neppure neutrali. Hanno tutta la grandezza e la complessità dei personaggi”. All’Italian Global Series Festival (organizzato da Apa) Marco Bellocchio, in una conversazione con Alberto Barbera, ha spiegato da dove è nato il desiderio negli ultimi anni di realizzare due serie, Esterno notte e Portobello, su due personaggi della nostra storia contemporanea.
“La grande stagione dell’ideologia è scomparsa, senza parlare di destra o sinistra, ormai bisogna reinventare tutto, perché sta cambiando tutto. Queste storie sono importanti e io ho cercato di rispondere non a qualcosa di politico o ideologico. Anche se c’è ancora un popolo italiano che sente questa nostalgia e quando gli proponi qualcosa di nostalgico, allora risponde – ha detto ancora il regista di Bobbio – L’unica materia in cui ero bravo a scuola era la storia. Dunque, partire dalla storia, innestando immagini e deformazioni personali mi ha sempre interessato. In Esterno notte ho forzato certe cose. In quel che faccio, cerco una personalizzazione, una deformazione della storia, lavorando sui dettagli.
Riguardo alla scelta di dirigere due serie, piuttosto che due film su Moro e Tortora, Bellocchio ha raccontato: “Avevo bisogno di più tempo per raccontare queste storie. Così sono nate curiosamente due serie di sei episodi ciascuna. Alla mia età non cambio più, quindi lo sguardo è lo stesso. Però la serie, proprio perché finisce e ricomincia, ha una sua suspense specifica. Mi colpiscono alcune serie americane che hanno sempre alla fine di ogni puntata un momento, una sorpresa che ravviva l’attenzione dello spettatore. C’è la volontà di non annoiare, qualcosa a cui si pensa di meno nel cinema”.
Fabrizio Gifuni ha interpretato sia Moro che Tortora e su di lui, il cineasta ha spiegato: “In Italia ci sono dei grandi attori e delle grandi attrici. E io amo lavorare con loro, grandi lavoratori dei testi. A volte scocciano, ma danno dei risultati straordinari.
Pensando alla serialità fatta di più stagioni, Bellocchio ha detto: “La serie su Enzo Tortora è sicuramente conclusa. Su Moro ho fatto prima il film, poi la serie. Mi hanno chiesto se farò anche un terzo progetto e io ho risposto che potrei farlo sul processo di beatificazione di Moro, senza essere provocatorio e dissacrante. C’è l’eroe che diventa un mito, quindi la sua beatificazione sarebbe interessante. Ma so che non avrò il tempo di farlo, ma sarebbe qualcosa di vivace, andando nel presente”.
C’è chi mette a confronto, anche in contrapposizione, film e serie. Ma per il regista oggi “non c’è più quella specie di sipario di ferro tra la sala e la casa. Estero notte è stato presentato al Festival di Cannes e quello stesso giorno è uscito al cinema, arrivando più in là in tv. Io quando posso vado al cinema, ma molto spesso vedo film in tv. il rapporto con lo schermo televisivo ormai è diventato forte. Tanti anni fa avevo visto The Elephant Man, un film perfetto, un capolavoro originalissimo, nel suo essere normale anche pieno di invenzioni di montaggio. L’ho rivisto recentemente in tv. Ero solo e mi sono emozionato moltissimo”.
Da spettatore, Bellocchio ha “ammirato molto The Young Pope di Paolo Sorrentino, ma anche Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo dall’indubbia originalità, qualcosa di sfidante rispetto alla banalità delle serie. C’è una produzione di serie che avrà un gran successo di pubblico, ma che non mi ispira molto. Mia moglie Francesca (Calvelli) vede molte serie, quando ha difficoltà a dormire, io molto poche. Per noi artisti però è importante allargare lo sguardo, vedere serie inglesi, svedesi, danesi. Puoi sempre spegnere la tv se non ti piace, al cinema non puoi farlo”.
Riguardo alla dichiarazione di qualche mese fa di Liliana Cavani, secondo la quale un regista di cinema non dovrebbe fare serie, Bellocchio ha tagliato corto: “Ognuno ha la propria opinione. Io non lo direi mai. È come se dicessi che chi fa cinema non può fare regie operistiche”.
Tra gli ospiti della serata finale anche Carlo Verdone, Barbara Ronchi, Cristina Comencini, Riccardo Scamarcio e Alice Filippi
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