‘Magma’, un docufilm riapre la ferita del delitto Mattarella. E non solo

Al cinema il 16 gennaio a Bologna l’opera prima di Giorgia Furlan: realizzata da un team giovane per parlare ai giovani di memoria, giustizia e impunità. Con la qualità del linguaggio cinematografico. L’intervista


“Quando sono arrivato a Palermo per lavorare al giornale ‘L’Ora’ mi sembrava di essere entrato in un film”.

È di Attilio Bolzoni la prima voce che apre il documentario Magma. Mattarella, il delitto perfetto, e anche per lo spettatore, al contempo, quel che ha di fronte si presenta con l’inconfondibile sapore del vero cinema. La scia magnifica e inquietante del magma che ribolle dalla bocca del vulcano è infatti solo il primo e potente simbolo che ci accompagna, assieme alle parole del giornalista, nel cuore di alcuni fra i fatti più oscuri della storia d’Italia degli ultimi cinquant’anni: dall’assassinio del fratello dell’attuale Presidente della Repubblica fino alla strage di Bologna, avvenuta in quello stesso 1980, tra omicidi politici, stragi, trame nere, depistaggi e tradimenti dello Stato democratico.

A 45 anni dall’uccisione dell’allora Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, l’opera prima arriva in sala per due speciali serate-evento, riaprendo una delle ferite italiane più profonde e irrisolte. Diretto dalla giovane Giorgia Furlan, che lo ha scritto con Alessia Arcolaci e Chiara Atalanta Ridolfi e prodotto da Mauro Parissone per 42° Parallelo, con Antonio Campo DallOrto e Ferruccio De Bortoli, vede il montaggio di Gabriele Ciances e la fotografia di Tommaso Lusena De Sarmiento. Dopo l’anteprima nazionale romana del 9 gennaio scorso, l’appuntamento clou è il 16 gennaio al cinema Modernissimo di Bologna, organizzato con la collaborazione della Cineteca e dedicato ai familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980.

Attilio Bolzoni sul set di ‘Magma. Mattarella, il delitto perfetto’

 

Uno dei tesori d’archivio che appaiono nelle prime scene, grazie al prezioso lavoro di ricerca di Daniele Ongaro e Silvia Moretti, è la drammatica intervista alla grande fotografa Letizia Battaglia, tra le prime persone ad accorrere sul luogo del delitto a Palermo, il 6 gennaio del 1980. È a lei che si deve lo scatto, passato alla storia (nella foto qui sotto), in cui si vedono le gambe di Piersanti Mattarella ancora all’interno della Fiat 132 con la moglie e la figlia, mentre il fratello Sergio, oggi Presidente della Repubblica, è all’esterno dell’auto, e tiene sospeso il resto del suo corpo esanime, tra le sue braccia.

Palermo, via della Libertà, 6 gennaio 1980, ore 13.00. Foto di Letizia Battaglia

 

Dopo tanti anni il fratello di Piersanti Mattarella, oggi Presidente della Repubblica, non solo non sa ancora chi sono i mandanti del suo omicidio, ma nemmeno chi è il killer: vi pare una cosa normale?”, chiede ancora Bolzoni, che per oltre quarant’anni si è occupato di criminalità mafiosa per diverse testate, oltre che nei suoi libri.

Per rispondere a questa domanda, numerose ed estremamente autorevoli sono le voci interpellate nel corso degli 80’, che scorrono al ritmo di un thriller, in alcuni casi rivelando elementi inediti o fino ad ora sconosciuti al grande pubblico: oltre a quella di Bolzoni, ci sono quelle di Maria Grazia Trizzino, allora assistente di Piersanti Mattarella, e di Rosy Bindi, all’epoca assistente del professor Vittorio Bachelet, Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Poi Luciano Violante, ex membro della commissione antimafia, Pino Arlacchi, il collaboratore di Giovanni Falcone al quale il giudice disse che l’assassinio del Presidente della Regione Sicilia era un “caso Moro bis”, e Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nel processo per la strage alla stazione di Bologna. Last but not least, la voce del giudice Falcone stesso, quella autentica e quella ricreata dall’intelligenza artificiale, nel caso di due audizioni recentemente desecretate. Il tutto all’interno di una narrazione che trova soluzioni visive sempre diverse ed efficaci, sostenuta in primis dal rigore della scrittura ma anche dall’impeccabile estetica raggiunta da fotografia e montaggio.

Attilio Bolzoni sul set di ‘Magma. Mattarella, il delitto perfetto’

 

Incontriamo Giorgia Furlan, che nel 1980 non era ancora nata, come pure gran parte di chi ha realizzato il suo documentario. Come e quando è venuta lidea ad un gruppo così giovane di mettersi a lavorare su un delitto di tanti anni fa?

Magma nasce due anni fa. A lavorarci è lo stesso gruppo di persone che aveva dato vita alla serie non fiction Ossi di Seppia prodotta da 42° Parallelo e andata in onda per tre stagioni su RaiPlay e Rai 3. La serie, di cui ero autrice e showrunner, ruotava attorno a un’idea semplice: raccontare in 20 minuti un fatto del passato italiano, più o meno recente, utilizzando le teche Rai e un testimone che ci traghettasse nel passato. Ma soprattutto raccontare la memoria e il passato in un modo accessibile alle giovani generazioni. Dopo tre stagioni e 76 puntate abbiamo cominciato a pensare di costruire qualcosa che fosse più filmico, così abbiamo lavorato a un docufilm di 60’ per il trentennale delle stragi di mafia, I ragazzi delle scorte. 1992, le stragi di Capaci e via D’Amelio. Al centro c’erano le vite spezzate di chi era rimasto ‘schiacciato’ fra le pieghe della Storia, nel fare il proprio dovere: vittime di qualcosa di più grande, di una ferita che ha lacerato il nostro Paese. In qualche modo, insieme al produttore Mauro Parissone, abbiamo pensato che anche Sergio Mattarella, l’attuale Presidente della Repubblica, potesse ben capire il dolore dei parenti delle vittime delle stragi del 1992, perché lui stesso aveva vissuto la morte del fratello. Da quel momento con le autrici Alessia Arcolaci e Chiara Atalanta Ridolfi abbiamo cominciato a studiare la figura di Piersanti Mattarella. Ci ha colpito molto non solo il suo ruolo nazionale, era l’erede di Aldo Moro, spesso dimenticato dai più giovani, ma anche il fatto che su quell’omicidio così cruciale per la storia italiana non si fosse mai fatta piena chiarezza.

Quanto materiale avete dovuto esaminare? Avete incontrato difficoltà nel reperirne qualcuno in particolare?

Abbiamo letto un’enorme mole di documenti, relazioni, sentenze, testimonianze, trascrizioni di interrogatori, dichiarazioni, articoli di giornale dell’epoca e più recenti, libri per approfondire il tema, visionato filmati d’epoca. Considerato che ogni sentenza arriva ad avere anche 1200 pagine e che la storia giudiziaria di questo fatto si estende fino alle recenti sentenze di Bologna, ci si può fare velocemente un’idea dei numeri. La difficoltà poi, più che nel reperire i documenti, veniva dopo, quando bisognava studiare, trovare un ordine e trovare un senso organico e un filo narrativo in quella montagna di carte. Nel film compare spesso un tavolo sovrastato da un cumulo di documenti, foto, mappe, oggetti, un vulcano per rimanere in tema, ecco l’idea di realizzare quell’elemento scenografico era proprio una metafora della sensazione che abbiamo provato avendo a che fare con tutto questo materiale.

Il documentario chiama in campo voci molto autorevoli e impone una quantomai necessaria riflessione sullimpunità, la memoria e la giustizia. Perché crede che sia particolarmepotentnte importante oggi continuare a parlare di quegli anni, e del delitto Mattarella in particolare?

Perché lo dobbiamo alle giovani generazioni, proprio a chi – come noi che abbiamo fatto questo film – non era nemmeno nato in quegli anni e, forse, ha bisogno di ricordare che la democrazia, e la Costituzione, non sono beni che vanno dati per scontati. Dobbiamo ricordare che c’è stato un tempo, non lontano, in cui hanno attentato alla nostra democrazia mettendo le bombe o colpendola uccidendo i suoi uomini migliori (Moro, Mattarella, Bachelet). Come diceva Tina Anselmi, alla quale dobbiamo molte delle verità che abbiamo scoperto sulla vita oscura del nostro paese: la nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile. E richiede a tutti di fare la propria parte. Fare la propria parte significa non smettere di farsi delle domande su quel che è stato questo Paese e su quello che poteva essere. Questo ci rende capaci di pensare a qual è il Paese in cui vogliamo vivere.

Laspetto simbolico del magma del vulcano che fin dal titolo ci accompagna, quasi a ogni cambio di scena, i tempi giusti del montaggio e la cura delle inquadrature, luso sapiente e dosato delle immagini di archivio, assieme alla musica da thriller… più che a un doc dinchiesta televisiva riportano a un linguaggio quasi cinematografico.

Quando penso a raccontare la realtà penso sempre a una metafora visiva che possa tradurre in modo immediato, quasi viscerale, il senso profondo dei fatti. Aiuta lo spettatore ad entrare nel racconto, a viverlo, sentirlo vibrare addosso come se fosse testimone di quel che è successo. L’idea del magma mi è venuta mentre stavo studiando l’arrivo di Michele Sindona in Sicilia nell’agosto del 1979, ho pensato: se questa storia fosse un film inizierebbe con un’eruzione dell’Etna, quasi una ribellione della terra, per l’arrivo del banchiere della P2. Ho controllato le cronache ed effettivamente in quell’estate l’Etna fu molto attivo. La realtà a volte supera la fantasia. Da lì riflettendo sul magma ho capito che era la metafora che stavo cercando, perfetta per raccontare questa verità incendiaria, viscosa e strisciante, che scorre ancora nelle viscere della nostra storia. Pronta ad esplodere. Talmente perfetta da diventare il titolo del film. Ma c’è anche l’isola di Stromboli, dove abbiamo girato la parte principale del film, un omaggio ai documentari di Vittorio De Seta ma anche un simbolo che tiene insieme tutta la riflessione sulla Verità che sottende il film. Stromboli, come la Verità forse, è un luogo sperduto sulle mappe, considerato allo stesso tempo un faro naturale e l’isola vulcanica più pericolosa del mondo. Sicuramente l’ambientazione perfetta per la scalata verso la ricerca della verità di Attilio Bolzoni, il narratore principale.

Restando sui simboli (perfetti) protagonisti nel vostro racconto, non poteva mancare la voce del giudice Falcone: quella autentica, ma anche quella ricreata dallintelligenza artificiale, filmicamente molto più efficace che non il suo solo virgolettato letto da altri…

È stata una scelta molto ponderata, nata da un’esigenza cruciale delle due testimonianze in commissione antimafia del 1988 e 1990 (desecretate solo da pochi anni) esistono solo un nastro molto rovinato e consunto, impossibile da restaurare per un uso cinematografico e televisivo, e ovviamente i resoconti stenografati custoditi negli archivi Senato. Abbiamo così pensato di mettere l’Ai al servizio della memoria storica e di usarla per rendere accessibili e comprensibili a tutti quei documenti ricostruendo la voce di Falcone. Il software ha ascoltato decine e decine di ore di interviste al giudice per poi leggere fedelmente il testo dei documenti ufficiali che riportavano le dichiarazioni di Falcone. D’altronde Falcone è il grande investigatore di questa storia, aveva intuito il valore cruciale dell’omicidio Mattarella, poterlo riascoltare mentre esprime in commissione antimafia la sua tesi ci rimette davvero di fronte ai fatti.

Giorgia Furlan, autrice e regista di ‘Magma. Mattarella, il delitto perfetto’

 

C’è un nuovo progetto nel suo orizzonte più prossimo, sul piccolo o grande schermo?

C’è più di qualche storia che ci piacerebbe approfondire, quello che posso dire che tutte sono legate alla memoria. Ormai con questa squadra ci siamo specializzati e abbiamo raggiunto un’ottima capacità di lavorare sul passato con uno sguardo e uno stile filmico comunque in linea con i tempi. E poi ho scritto anche una miniserie fiction, sempre tratta da una storia vera, ma decisamente più ‘pop’ e d’intrattenimento, anche se c’è sempre di mezzo un delitto perfetto. Si chiama La Contessa.

 

 

 

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15 Gennaio 2025

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