Il volantino che cambia la vita. David, studente dell’ultimo anno di fisica alla prestigiosa Normale di Pisa, lo riceve dalle mani di Viola proprio il giorno dell’ultimo esame. E’ un invito all’assemblea degli studenti e nella sua testa, di solito affollata di formule quantistiche e particelle elementari, un’unica domanda: che fare?
Si apre così, con il primo di una lunga serie di interrogativi, Ora o mai più, il terzo lungometraggio di Lucio Pellegrini (E allora mambo!, Tandem) in concorso al Festival di Locarno con il tris di attori Edoardo Gabbriellini, Violante Placido e Jacopo Bonvicini, jolly esordiente. Frutto di una felice storia produttiva targata Fandango e Rai Cinema arriverà nelle sale italiane in autunno distribuito da 01.
A che cosa si riferisce l’”ora o mai più” del titolo?
Si riferisce al momento delle scelte. E’ la frase che risuona nella testa di David, 22enne che nella turbolenta estate 2001, la stessa del G8 di Genova, si sente costretto a scelte apparentemente definitive. Il film è il suo piccolo romanzo di formazione, la scoperta della vita, dei sentimenti, della politica, del valore della condivisione dei sentimenti e degli snodi importanti della storia, anche quelli non felici. Attraverso l’esperienza soggettiva di Davide racconto anche il mondo della protesta e ciò che è accaduto all’interno della caserma di Bolzaneto, la parte mai vista dei giorni del G8, uno degli eventi storici più coperti dai media. Ho ricostruito la vicenda attraverso interviste a moltissimi ragazzi. Quello che avveniva nelle strade di Genova non si vede mai ma è evocato dalle cronache radiofoniche che Radio Popolare e Radio Gap mi hanno permesso di usare.
C’è uno scarto rispetto all’idea di commedia dei tuoi film precedenti?
Si. In Ora o mai più toni più leggeri si mescolano con tratti più duri. Non è cambiato tanto il mio modo di vedere quanto i temi divenuti più complessi. Soprattutto, a differenza degli altri miei film, mi sono liberato dai meccanismi ad orologeria della commedia, quelle classiche formule del copione che infondono sicurezza.
Come hai amalgamato Jacopo Bonvicini con gli altri giovani professionisti del cast?
Jacopo non aveva mai pensato a fare l’attore. La sua storia è simile a quella di Corrado Fortuna, il Tanino di Paolo Virzì. Tra loro c’è anche una vaga somiglianza fisica. Il mio protagonista è introverso, un po’ impacciato, con una grande dignità. Proprio quello che serviva per impersonare David e che non ho trovato nei professionisti ventenni. Il suo padre spirituale nel film è Luca (Edoardo Gabriellini), leader di un gruppo che sta per occupare una casa. Ho riunito loro e gli altri attori in un appartamento romano per farli conoscere e provare. Lì, in un’alchimia felice giocata anche sull’improvvisazione, ho cucito i ruoli addosso agli attori per poi arrivare sul set con le idee chiare.
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