Luca Argentero: “Regista mai, autore sì. Morrone? Un eccesso di ego”

Ospite a Palermo del Festival On Air, l'attore Luca Argentero - reduce dal set di 'Call My Agent 3' - commenta il suo momento d'oro professionale e personale


PALERMO – “All’inizio sono stato abbastanza pudico nel definirmi attore”. Come al solito non ha problemi Luca Argentero nel parlare della sua sindrome dell’impostore. Vent’anni esatti dopo il suo debutto in Carabinieri, ora è uno degli interpreti più amati del nostro cinema e del nostro piccolo schermo, grazie anche al successo senza precedenti della serie Doc – Nelle tue mani, che recentemente è stata riproposta in un remake statunitense.

“Nella voce ‘professione’ della carta d’identità ho messo ‘libero professionista’ per un po’. – afferma Argentero in un incontro con la stampa a latere del festival On Air di Palermo, dove ha tenuto un talk aperto al pubblico – ‘Attore’ l’ho messo nel 2008 dopo Sono un padre, una commedia romantica di Luca Lucini con delle vene molto drammatiche. Era un po’ la prima volta che mi portavo sulle spalle un film da protagonista, non in commedia. Mi sono detto: bisogna saperlo fare e l’ho fatto. Quindi perché provare imbarazzo nel dire che lo faccio di lavoro”.

Ma chi sono stati i punti di riferimento attoriali della carriera di Luca Argentero? “Ho avuto la fortuna di recitare fin da subito con quelli più bravi, da Favino ad Accorsi, Giovanna Mezzogiorno, Isabella Ferrari, Valerio Golino. Non riesco a dire un nome della mia generazione con cui non ho mai lavorato, forse Kim Rossi Stuart è l’unico. Il minimo comune denominatore per me è stato una grande ammirazione nel vederli lavorare. Come nel tennis, se giochi con quello più bravi, migliori. Il grande esempio di questo è Julia Roberts, a cui mi sono approcciato da fan e non da collega. Mi sono reso conto subito che la sua disponibilità, la sua carineria era assolutamente paracula, perché sapeva che se in una scena a due tu sei pippa, lei anche risulta meno brava. E quindi ti mette nelle migliori condizioni di fare bene. Per me questa è una regola aurea: sul set i colleghi poco disponibili sono attori con grandi insicurezze. Non sono i più bravi”

Parlando di attori bravi e meno bravi, non si può non pensare a Michele Morrone, diventato virale per un’intervista a “Belve” in cui si professava il miglior attore italiano dopo Alessandro Borghi. “Io mi ci sono fatto una risata. – ammette Argentero – Il suo è stato un eccesso di ego. Io credo che Michele abbia delle grandi potenzialità e che abbia davanti a sé una grandissima carriera internazionale, perché esportare quell’immagine di italianità è una cosa che agli americani è sempre piaciuto. Ecco, sparare a zero sulle capacità dei suoi colleghi è stata un po’ una sboronata da ‘Belve’, un programma che ti porta a fare quel tipo di considerazioni. – aggiunge – Io ci ho lavorato con Morrone, in Sirene. Faceva il Tritone, un ruolo di commedia, ed era stato molto bravo. Da lì a pensarlo più bravo del 99% degli attori italiani, non sono d’accordo. Che poi giudicare la bravura di un attore, come fai? Io non saprei dire se sono più o meno bravo di un altro attore. Lasciamolo dire ai critici o ai registi. Dirselo da soli è un po’ strano. L’ho trovato una persona in una botta di ego quasi chimica. Ho sempre pensato che fosse una persona che voleva a tutti i costi arrivare. Essendoci riuscito, questa enorme botta gli ha dato alla testa, lo ha proprio chimicamente sbilanciato”.

Un altro attore di cui si è molto parlato è Elio Germano, protagonista di uno scontro a distanza con il Ministro Giuli e parte del governo. “Trovo solo che come sempre si è dovuto alzare i toni per provare a raggiungere un sacrosanto obbiettivo, che è quello di sedersi e parlare. – commenta Argentero – Non mi sembra complessa la questione: il ministro deve sentire quello che abbiamo da dire, è la normalità. Penso che Elio abbia scelto delle parole non appropriatissime, e magari non era l’occasione giusta, perché ha detto delle cose molto dure in un contesto di festa (i David di Donatello ndr.). Certo che il risultato è stato essere ascoltato, che era il suo obbiettivo. La risposta del ministro non è stata appropriatissima: dare una risposta personale e non alla categoria non è stato molto elegante. Se l’obbiettivo era che le associazioni di categoria e il governo si sedessero attorno a un tavolo, è stato raggiunto. Ma si poteva far meglio”.

Parlando del suo ruolo di attore, invece, Argentero ammette che qualcosa lo ha davvero cambiato: la paternità. “Me lo ha detto il regista Simone Spada, con cui lavorato diverse volte e con ho finito ieri di fare Call My Agent 3. – racconta – La paternità mi ha reso professionalmente diverso, mi ha fatto fare un piccolo upgrade di consistenza, come se la paternità aggiungesse delle vibrazioni che tu prima non avevi, perché non le avevi scoperte prime. Questa cosa si riversa inevitabilmente sul lavoro, perché porti in scena te stesso. Le tue corde suonano in maniera diversa, sento proprio che la voce appoggia in un punto diverso. Forse è la quantità di preoccupazione costante che danno i figli, ma sul set, non dico che ho sminuito quello che faccio, però gli do un’importanza più relativa. Arrivo sul set più tranquillo e di conseguenza più sicuro. Già lo sapevo prima che non stavo salvando il mondo, oggi ancora di più. Tutto il resto sembra insignificante. Una cosa che mi fa pure un po’ paura”.

Mai sfiorata l’idea di essere regista. – rivela l’attore – So che non tradirò mai queste parole, mentre la scrittura è una cosa che mi intriga, mi emoziona e mi stimola. Se devo pensare a qualcosa di complementare per il futuro è quella. Il regista mai perché non riesco a immaginare un mestiere più complesso e stressante. Non ho alcuna voglia di rispondere a tutte quelle domande contemporaneamente. Decine di persone che ti fanno domande prima, durante e dopo il lavoro, a cui devi sempre dare una risposta. Dopo l’ultimo il ciak, il regista lavora altri due mesi a confezionare il progetto e ha speso altri due anni prima. Io ho un ritmo troppo più elevato, voglio fare due-tre progetti l’anno, non uno ogni tre anni. La scrittura è diversa, perché se tu con te stesso. Avere 150 persone che pendono dalle tue labbra per un sì o per un no… mi viene l’ansia solo a pensarci! Ci sono colleghi più che illustri che sono riusciti a fare il passaggio, dalla Cortellesi a Edoardo Leo, che è un amico. Li vedevi già sul set che erano adatti”.

“La produzione io l’ho aperta a 30 anni e l’ho chiusa 5 anni dopo. – conclude Argentero, facendo riferimento al suo passato da produttore esecutivo –  è stata un’esperienza estremamente drammatica, che non farà mai più. Fare l’attore è meravigliosamente rilassante. Mi sento fortunatissimo, perché ricevo delle proposte e lavoro in maniera continuativa. Mi vengono a prendere alla mattina, mi danno il pranzo, li saluto massimo alle cinque e torno dai miei figli. È fantastico. Facendo il produttore mandavo mail fino a mezzanotte, era infernale”.

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31 Maggio 2025

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