Il film di Lorenzo Pullega, L’Oro del Reno, sarà nelle sale dal 3 luglio con Europictures.
Racconta storie di ieri e di oggi che scorrono lungo le rive di un fiume: il Reno italiano. A raccoglierle è un regista, incaricato da un eccentrico circolo locale di realizzare un documentario che segua il corso del fiume, dalla sorgente fino alla foce. Taccuino alla mano, lungo il percorso annota impressioni, incontri e racconti che trasformano il suo viaggio in un percorso intimo e visionario. Quello che inizia come un ritorno ai luoghi dell’infanzia diventa ben presto un cammino onirico, dove i ricordi e le storie degli uomini si mescolano, e perdersi lungo le anse del Reno può diventare un modo per ritrovarsi.
Un’opera sospesa tra realtà, memoria e immaginazione, scritta da Federico Montevecchi, Lorenzo Pullega e Roberto Romagnoli, interpretata da Rebecca Antonaci, Giuseppe Gandini, Marco Mario De Notaris, Eva Robin’s, Lucianna De Falco, Marco Dondarini, Giorgio Comaschi, Lorenzo Ansaloni, Melissa Falasconi, Flavia Bakiu, con la voce narrante di Neri Marcorè.
Il film è prodotto da Pier Giorgio Bellocchio, i Manetti bros., Roberto Romagnoli, Lorenzo Pullega e Federico Montevecchi, una produzione Mompracem e Rheingold Film in collaborazione con Rai Cinema e con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso l’Emilia-Romagna Film Commission.
Presentato in concorso all’International Film Festival di Rotterdam e al Bif&st di Bari — dove Pullega ha ricevuto il premio per la miglior regia nella sezione “Per il Cinema Italiano” — il film è stato anche evento di apertura al Bellaria Film Festival.
“L’idea – racconta il regista – nacque diversi anni fa a partire dall’immagine che poi è diventata l’incipit del film: un gruppo di megalomani giapponesi vestiti da vichinghi, fan sfegatati di Wagner, vogliono omaggiare il compositore percorrendo il Reno, senza rendersi conto di aver scelto il Reno sbagliato.
Infatti, quali storie, quali leggende potrebbero mai emergere dal nostro piccolo reno italiano, questa copia sbiadita del grande Reno dei miti nibelungici?
Vivendo a fianco del piccolo Reno me lo domandavo spesso passeggiando lungo le sue sponde. Eppure, in quell’immagine dei vichinghi era contenuto tutto il film: un fiume che non è ciò che dovrebbe essere in apparenza, una doppiezza in cui indovinare storie potrebbe essere meraviglioso, buffo e spaventoso.
Ben presto immergendomi in quell’immagine ne scaturirono altre e la mia immaginazione si popolò naturalmente delle storie che il fiume mi dettava e che quel beffardo caso di omonimia, andò a formare l’entusiasmante limite che la realtà mi offriva per essere scavalcata, per reinventare e restituire al contempo la mia personale mitologia del fiume che attecchiva al folklore emiliano e alle storie che gli appartengono. Anche lo stile del film ha seguito naturalmente la direzione del fiume, mantenendo un andamento fluido, dove le storie trascorrono una dopo l’altra, trascinate da una corrente che, ad ogni cambio di prospettiva, conduce presso nuove impressioni e nuovi personaggi, passando attraverso momenti drammatici, comici, onirici e romantici che il protagonista del film, invisibile, ha la fortuna di poter testimoniare, accogliendo e viaggiando”.
Il trailer a questo link
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