In questi giorni, a Venezia 79, è stato presentato un film fuori concorso, che nei primi minuti ti fa chiedere se sei entrato nella sala giusta. È l’anteprima di un film del 2022 o un film restaurato della sezione Venezia Classici? Il formato quasi in 4:3, la musica orchestrale, la grana delle immagini e il font dei titoli di testa di Living, infatti, ci portano subito nella Londra degli anni ’50, non solo con il racconto ma anche con lo stile cinematografico.
Inutile sottolineare l’efficacia della scelta fatta dal regista sudafricano Oliver Hermanus, che non cerca la sperimentazione ma si limita a raccontare in modo classico una storia che è l’adattamento fedele di un capolavoro del cinema mondiale: Ikiru (Vivere) del maestro Akira Kurosawa. Artefice dell’adattamento, come ideatore del soggetto e autore della sceneggiatura, è niente popò di meno che lo scrittore britannico di origini giapponesi Kazuo Ishiguro, premio Nobel per la letteratura nel 2017.
“Sono sempre stato consapevole della tradizione di adattare i film di Kurosawa ad altre culture. – rivela Ishiguro – Abbiamo i film di Leone, I magnifici sette, lo stesso Star Wars e tanti altri film. Credo che sia interessante guardare ile sue opere e chiedersi cosa succederebbe se le spostassimo in altre culture. Si ottiene qualcosa di valore? Altrimenti non ha senso farlo, perché si va a toccare un capolavoro. Da teenager ho sempre sognato una versione di Ikiru ambientata nell’Inghilterra che ho conosciuto da bambino, quando mi sono trasferito a Londra. Sono un fan dei film britannici di quel periodo. Pensavo sarebbe stata un’idea straordinaria: un vecchio signore britannico con la bombetta insieme alla sceneggiatura di Kurosawa. È stato un sogno trovare persone che hanno voluto realizzarlo. All’inizio non volevo scrivere la sceneggiatura perché sono un romanziere, ma mi è stato proposto di farlo e sono orgoglioso di far parte di questo film”.
La trama è praticamente identica a quella del film originale: un freddo, ligio e anziano burocrate “non felice, né infelice” scopre che gli restano pochi mesi da vivere, a causa di un tumore terminale. In un attimo si rende conto di quanto piatta, monotona e vuota fosse la sua vita. Decide quindi di dare un senso agli ultimi giorni che gli restano. Presentato inizialmente dagli occhi di un altro personaggio, Mr. Williams è un uomo con cui si entra subito in sintonia. Cruciale in questo è senz’altro il ruolo dell’attore scelto per interpretarlo, Bill Nighy, che con il suo volto emaciato ed espressivo trasmette tutte le fasi del cambiamento del protagonista, senza mai dimenticare la tipica ironia britannica e la naturale eleganza. “La vera differenza tra le due culture è che gli inglesi cercano di rendere le cose leggere fino alla fine. – continua Ishiguro – Ho scritto la sceneggiatura sapendo che Bill avrebbe interpretato il protagonista, e avere lui come punto di riferimento è stato fondamentale nel modo in cui abbiamo trasposto la storia”.
Guardando Living, si ha la sensazione di avere di fronte qualcosa di semplice e necessario. L’essenziale trama del film di Kurosawa nasconde in sé una forza che trascende il tempo e che s’incarna alla perfezione nel periodo storico e nel contesto scelto per questo adattamento. I “gentlemen” protagonisti di questa storia (brillano le interpretazioni dei giovani Aimee Lou Wood e Alex Sharp) vivono una routine fatta di treni rumorosi, scartoffie impolverate, palazzi grigi e di una disarmante e composta formalità. I soggetti perfetti per essere stravolti dall’emozionante cambiamento imposto da Mr. Williams.
“Nel periodo post bellico abbiamo iniziato a farci una domanda e ancora non abbiamo smesso. – conclude lo scrittore giapponese – Lavoriamo, lavoriamo, lavoriamo ma non siamo sicuri che tutto questo sforzo abbia un significato e che arricchisca le nostre vite e quelle delle persone che ci circondano. La vita lavorativa non fa parte della vita vera, soprattutto in un occidente consumato dalla cultura capitalista. In particolare dopo la pandemia abbiamo capito che le nostre vite sono brevi e io spero che questo film parli alle nuove generazioni, perché a volte è più facile vedere la propria vita riflessa in un periodo storico diverso”.
In sostanza, Living ha la matrice di un capolavoro del cinema mondiale, è adattato dalla penna di un premio Nobel ed è diretto con il gusto sempre piacevole e per niente scontato del cinema classico. Mancherà forse l’originalità, ma poco importa quando ci si trova davanti a un cinema così innegabilmente puro.
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