Le vite degli altri


In un’era di intercettazioni e foto rubate, Le vite degli altri, vincitore dell’ Oscar per il miglior film straniero oltre che di una sfilza di altri premi importanti, in Germania e all’estero, è agghiacciante e attuale come dev’essere una vicenda che attinge al passato per meglio afferrare il presente e costruire un possibile futuro. “È la convinzione che sta alla base della psicoanalisi, un’invenzione di Freud e Jung”, scherza Florian Henckel von Donnersmarck, il trentaquattrenne regista di uno dei film più belli e importanti dell’anno. Film d’esordio, peraltro: “Ho faticato davvero tanto a convincere il mondo del cinema che non ero un pazzo megalomane e che la storia che volevo raccontare non era troppo tetra e intellettuale, ma appassionata e vibrante come io la immaginavo nella mia testa”.

Ambientato a Berlino Est nel 1984, Le vite degli altri racconta la “conversione” di un freddo e spietato agente della Stasi, la polizia di Stato della DDR. L’uomo, un vero mastino di regime, senza un barlume di vita privata o sentimento, spia una coppia di affermati teatranti, un drammaturgo e la prim’attrice, e dalla sua cantina attrezzata di radio riceventi e monitor, inizia a mettere in discussione l’ideologia del controllo globale e del partito unico, s’invaghisce di quello scrittore, uomo combattutto tra la sua provata fede marxista e le aspre contraddizioni del socialismo reale, e di quella donna affascinante e infantile che non sa respingere le profferte sessuali di un viscido ministro per paura o perché magari spera di ricavarne qualche vantaggio. Una vicenda orwelliana carica di umanità perché non c’è un personaggio che non sia ambiguo e fragile, tradito e traditore.

Nessuno di loro – spiega il regista – è una divinità dell’Olimpo, piuttosto sono persone normali ma è proprio questo che mette in moto il cambiamento, la conversione non è come quella di Saulo sulla via di Damasco ma si costruisce per piccoli frammenti. “Sul set – racconta ancora Florian, che parla un italiano quasi perfetto – ho chiesto agli attori di non giudicare e di attingere al proprio animo perché in ognuno di noi c’è tutto. Posso immedesimarmi nel sadismo di chi tiene in suo potere un prigioniero e lo interroga per ore, perché c’è una parte di me che potrebbe godere nel fare una cosa del genere anche se spero di non farla mai”. Gli attori, del resto, sono stati i primi “produttori” della pellicola. “Sono stati loro – Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur – a credere in una sceneggiatura che tutti i produttori avevano rifiutato o che mi avevano chiesto di trasformare in una commedia, accettando compensi irrisori ma intravedendo la possibilità di mostrare il loro genio artistico”. In particolare Ulrich Mühe, che aveva vissuto in prima persona le persecuzioni della Stasi: “Sua moglie e alcuni attori della sua compagnia teatrale erano collaboratori della polizia di Stato e dopo la caduta del Muro ha avuto modo di leggere il fascicolo che lo riguardava, un diritto che meno del 10% dei tedeschi dell’Est ha fatto valere, forse per non affrontare l’entità di ciò che è accaduto. La Stasi aveva almeno 200mila collaboratori segreti, ma solo tre o quattro di loro hanno ammesso apertamente di farne parte”.

Le vite degli altri nasce da una ricerca storica durata quasi due anni. “Mi ha stupito sentire un ufficiale della ex DDR affermare che quella era la guerra fredda e in guerra ci sono altre regole”. La Germania nel secolo scorso, riflette ancora l’autore, ha già vissuto un processo di rimozione collettiva e di autoassoluzione: “E’ accaduto con il nazionalsocialismo. Anche nella generazione dei nostri nonni chi non era ebreo o chi non è stato al fronte, può dire che in fondo non si viveva così male; tuttavia molti intellettuali mi hanno ringraziato per aver raccontato questa storia e hanno accolto il film a braccia aperte”. Ora, dopo l’Oscar, anche l’America vuole affrontare questi temi. “Quando Sydney Pollack mi ha chiesto i diritti per un remake ne sono stato ben contento, forse trasferirà la vicenda nel contesto del Patriot Act, ma va altrettanto bene qualsiasi organizzazione di potere che non rispetti la sfera privata degli individui. Si potrebbe applicare anche al caso delle intercettazioni Telecom. Come si dice: il potere corrompe, il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.
Le vite degli altri esce il 6 aprile con 01 Distribution in circa 100 copie.

autore
02 Aprile 2007

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