PESARO. Al via le tradizionali proiezioni serali nella piazza e, con esse, gli incontri con i registi. L’esordio è toccato alla 29enne brasiliana Juliana Rojas, regista e autrice, insieme a Marco Dutra, di Trabalhar cansa (Lavorare stanca), lungometraggio già presentato all’ultimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il cui titolo s’ispira proprio alla nota opera di Cesare Pavese. “Il titolo non è affatto una coincidenza – ha dichiarato la Rojas – L’ho scelto per la sua sottile ironia ed è un riferimento ben preciso. Amo molti gli scrittori italiani, tra cui Pavese e Vittorini, e ammiro i grandi cineasti degli anni Settanta.”
Influenze confluite nel film di Rojas e Dutra, una pellicola eterogenea con forti elementi dell’horror, eppure da esso così distante: “A me e a Marco piacciono generi diversi, da Hitchcock a Shyamalan, e qui si trovano mescolati. Il punto di partenza di un film però è sempre la storia e abbiamo raccontato una donna che un giorno sceglie di diventare imprenditrice e come la sua vita, da quel momento, cambia”.
Trabalhar Cansa mostra un Brasile povero, dove le famiglie stentano ad arrivare alla fine del mese e i colloqui di lavoro sono estenuanti; un paese lontano dal boom economico degli ultimi anni e vicino a quello strato di popolazione che dalla ripresa economica non ha avuto alcun beneficio.
“Fin dalla colonizzazione portoghese una parte della popolazione è stata ridotta in schiavitù e da allora le differenze tra la varie classi sociali sono sempre state forti. Non è mai stato fatto niente per integrare i poveri nella società. La crisi è una condizione che esiste da sempre ed è questo che abbiamo voluto raccontare” spiega la regista. Che parla anche dello stress a cui sono sottoposti coloro che sono alla ricerca di un lavoro, così come il suo protagonista: “Abbiamo fatto molte ricerche su come avvengono i colloqui e abbiamo scoperto degli approcci davvero bizzarri e assurdi. In Brasile stanno prendendo piede testi in cui il perfetto uomo d’affari è paragonato ad un primate che sopravvive nella giungla o, addirittura, a Gesù Cristo”.
Eppure lei e il suo compagno all’università di San Paolo queste difficoltà economiche sono riusciti a fronteggiarle: “L’università di San Paolo è molto valida dal punto di vista teorico, ma l’assenza di risorse impedisce agli studenti di fare pratica. Perciò il nostro primo cortometraggio lo abbiamo finaziato noi stessi, affittando l’attrezzatura. Le università private, di contro, non hanno questo problema ma l’offerta formativa non è altrettanto valida e le classi sono troppo numerose dato che si cerca di coprire i costi”.
Ha le idee chiare la Rojas e sa bene come esporle, eppure, quando si tratta del suo film lascia aperte numerose vie d’interpretazione: “L’elemento più importante era riuscire a giocare con i vari generi, non c’è un unico significato”.
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