La scomparsa di Grifi, padre dell’underground


E’ morto ieri a Roma Alberto Grifi. Aveva 68 anni e da tempo era consumato da una grave malattia. Padre riconosciuto del cinema sperimentale italiano e pioniere del video, ha realizzato opere che rappresentano un’intera epoca, quella della contestazione, come Anna (1972) che riprende la vita quotidiana di una minorenne tossicodipendente e incinta cercando di superare l’idea tradizionale di regia, un work in progress arrivato a quattro ore di durata che era stato recentemente riproposto in occasione dell’omaggio che la Festa di Roma ha dedicato a Grifi conferendogli anche un premio. Forte era stata la solidarietà per l’artista in questi ultimi mesi, quando alla sua malattia si erano sommati problemi economici e lo sfratto dall’appartamento dove viveva in Prati. Ma il mondo del cinema e della cultura si era mobilitato – come non sempre accade – per sostenere Alberto, che accettava con quel suo sorriso gentile e quasi sorpreso. Era nato a Roma il 29 maggio del ’38, figlio di un costruttore di cineprese, rimase sempre anche artigiano, nel suo modo di montare e rielaborare. Per poter salvare i suoi nastri magnetici, destinati all’autodistruzione, inventò il vidigrafo, che permette di riversare quel supporto in pellicola e conservarlo. Oltre ad Anna, tra i suoi principali lavori c’è La verifica incerta (1964), film di montaggio realizzato con Gianfranco Baruchello con materiali del cinema classico hollywoodiano decontestualizzati e demitizzati. Nel ’76 registra le emozioni, la festa e la rivolta in Parco Lambro. Tra i suoi amori Rossellini e Godard; tra i suoi eredi, sperabilmente, la generazione di videomaker diffusi e le frontiere del video in internet: ovvero la democrazia delle immagini spinta sempre più all’estremo.
 

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23 Aprile 2007

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