L’ultimo sguardo del maestro


La cosa più sorprendente è la serenità di Enrica, accanto a lui per 35 anni e anche in questi ultimi giorni, “quando Michelangelo aveva smesso di vedere e poi anche di mangiare”. Quello che descrive è quasi un percorso di ascesi, per niente drammatico, senza strappi. “E’ sempre stato un uomo spirituale, ma ormai mi parlava ogni giorno della morte. Non sapeva cosa c’era di là, ora lo sa e vorrei saperlo anch’io”. Enrica Fico, che negli ultimi anni è stata l’interprete di Antonioni, colei che ha dato voce allo sguardo, ai gesti, anche alle stizze del maestro, adesso vive un momento di leggerezza. “Mi stanno tornando tutte le energie che gli avevo dedicato, perché eravamo diventati una cosa unica. Credo che scriverò un libro, sono tentata, perché non voglio perdere questa straordinaria esperienza. E’ stata una cosa meravigliosa”. È vestita di nero, ma non sembra in lutto. Porta un ciondolo d’oro al collo e ballerine decorate da due bamboline di pezza. Tutta la mattina l’ha passata in Campidoglio, dove il Comune ha allestito la camera ardente, poi si parte per Ferrara dove domani si svolgeranno i funerali nella Basilica di San Giorgio. Michelangelo, racconta, sarà seppellito nelle tomba di famiglia accanto ai suoi genitori, come aveva desiderato. Enrica lo dice a tutti: “La sua morte è stata lentissima. Mi ha lasciato con un’ultima immagine, la luce che stamattina entrava nella sua stanza e si sdoppiava, tra il letto e lo specchio, ha voluto regalarmi un effetto speciale”.

 

Durante la breve commemorazione sceglie di rileggere alcuni scritti del marito, perché a lui piaceva rivedere i suoi film come se li avesse fatti un altro, si metteva nella posizione dell’artista. “Non so cosa sia la noia, non so cosa sia la paura e non so cosa questo possa voler dire. I miei sbagli sono quanto di più personale abbia messo nei miei film. Il cinema, come la letteratura, è inutile se non produce la verità e la poesia”. Sono parole semplici ma in trasparenza ci leggi un poetica, una filosofia di vita. Antonioni grande intellettuale e artista. Così lo ricorda anche Maselli, suo allievo dall’estate del ’47, dopo l’incontro al Centro sperimentale. A Citto preme anche sottolineare il senso dell’umorismo straordinario di Michelangelo, altro che palloso. I silenzi e l’impenetrabilità dell’opera non devono far pensare a un uomo poco comunicativo. I registi, specie i veterani, lo ammirano e non solo in Italia. Sembra invece trascurato dagli attori: in Campidoglio non c’è nessuno di quelli che hanno lavorato con lui, anche recentemente. Solo Luigi Diberti (Il Mistero di Oberwald) e Veronica Lazar (Identificazione di una donna) lo vengono a trovare. Ma non i giovani, i protagonisti di Eros o Al di là delle nuvole. “E’ un’assenza grave”, commenta Carlo Di Carlo, il saggista e cineasta che è stato un po’ il suo alter ego.

 

Antonioni, certo, non ha richiamato le grandi folle di Fellini o Sordi in questa mattina infuocata di agosto. Ma molti cittadini hanno reso omaggio alla sua bara e con loro politici, cineasti e artisti: Gianni Letta e Pietro Fassino, Vincenzo Vita e Gianni Borgna, Carla Fracci e Nada, Mario Monicelli e Pasquale Squitieri, Francesco Rosi e Vittorio Taviani, Emidio Greco e Gian Luigi Rondi, Giuseppe Piccioni e Ugo Gregoretti, Grazia Volpi e Adriano Aprà, Francesca Comencini e Ferzan Ozpetek. Molte le presenze istituzionali: dal DG Gaetano Blandini a Francesco Carducci, da Luciano Sovena a Irene Bignardi. Qualcuno scrive sul libro degli addii: “Grazie per tutti i tuoi silenzi, grazie per averci detto che le parole non sono niente”, mentre in un video scorrono le immagini di Michelangelo pittore. Il sindaco Veltroni, dalle Maldive, manda una lettera di saluto: “Pochi artisti sono stati capaci di essere in sintonia con il mondo femminile in un momento in cui le donne cominciavano a trasformare se stesse e obbligavano gli altri a inseguirle”. Mentre il ministro Francesco Rutelli ricorda come Antonioni abbia sempre fatto discutere gli italiani. “Ancora oggi i suoi film ci fanno riflettere. Lui ci ha dato l’indagine dell’anima, Fellini l’indagine del sogno. L’Italia gli deve tantissimo e s’inchina davanti al suo immenso talento”. Vittorio Taviani, mentre gli amici lasciano la sala, ne fotografa la grandezza anche nell’andarsene: “In genere si lotta contro la morte, qui è stata la morte a dover lottare contro di lui, che per anni ha resistito grazie ai suoi talenti. È andato, come un grande gentiluomo, quando ormai tutto era fatto”.

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01 Agosto 2007

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