L’erotismo di Ang Lee sfida i tabù della Cina


Con Lust, Caution – scandalo annunciato ma non “consumato” di Venezia 64 – Ang Lee torna in concorso due anni dopo il Leone d’oro vinto con I segreti di Brokeback Mountain: “Io ho già vinto, spero che stavolta tocchi ai miei attori”. Gli attori sono il divo Tony Leung e l’esordiente Tang Wei, impegnati allo spasimo nella descrizione di una passione erotica violenta e ambigua, attraverso tutte le gradazioni della conoscenza carnale, dal disprezzo alla tenerezza.

Siamo nella Cina di fine anni ’30 sottomessa dai giapponesi. Il signor Yee è uno spietato esponente del governo fantoccio che ha sede a Shanghai, a capo dei servizi segreti, vive blindato in un bunker inespugnabile. La bella Wang Jiazhi è un’ingenua studentessa che ha aderito alla resistenza e si finge amica della signora Yee (Joan Chen) iniziando a frequentare la casa dell’uomo, per interminabili partite a majong. Sofisticata e all’apparenza sottomessa, ne intercetta gli sguardi e finisce per sedurlo con l’intento segreto di organizzare il suo omicidio insieme ai compagni di lotta, a dire il vero piuttosto sprovveduti. All’inizio timida e inesperta, ma determinata a portare a termine il piano, scopre il piacere, mentre lui s’insinua nel suo cuore come un serpente: prima la prende con la forza, poi ne esplora il corpo e le emozioni fino a diventare lui stesso vulnerabile. Tony Leung, il romantico protagonista di In the mood for love e 2046, stavolta ha occhi di ghiaccio e si è ispirato ai duri del cinema americano, Humphrey Bogart in testa. “Eppure mi sono reso conto che il mio personaggio da predatore diventa preda”. Quanto alle scene erotiche “non erano gratuite, ma necessarie per rivelare la vera identità del personaggio, un morto che cammina, uno che uccide i suoi nemici per mestiere”.

Lust, Caution, coprodotto dagli americani e in Italia distribuito da Bim, è tratto da un romanzo di Eileen Chang e affronta, secondo Ang Lee il tema della finzione come modo per scoprire se stessi e il proprio io più profondo. Ma il regista, che lavora in bilico tra due mondi, e vive tra Los Angeles e Hong Kong, si rende anche conto che il film potrà toccare temi tabù per il pubblico cinese. “È la prima volta che si parla del periodo del collaborazionismo, ed è anche la prima volta che si mostra l’erotismo in modo così esplicito: forse qualche scena sarà sfumata, ma credo che oggi da noi ci sia una maggiore maturità da parte degli spettatori”. Nel ruolo della giovane spia, la debuttante Tang Wei, già finalista di Miss Universo, che ride di gusto quando le chiedono se ha fatto sesso davvero con Tony Leung durante le riprese. E ammette: “All’inizio provavo vergogna, poi però non ci sono stati problemi. Credo comunque che la commissione censura in Cina taglierà le scene più spinte”.
“Non sono un martire, ma solo un cineasta”, conclude Ang Lee a chi gli domanda se aderisce alla protesta degli intellettuali cinesi che chiedono, anche in vista delle prossime olimpiadi, maggiore libertà di stampa e la liberazione dei prigionieri politici. “Credo molto nella liberalizzazione, ma forse va portata avanti in modo più sottile”.

autore
30 Agosto 2007

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