VIDEO L’Avvocato De Gregorio: Conferenza stampa |
“Più alti sono, più rumore fanno quando cascano”. Pasquale Squitieri usa una frase di Joe (Clint Eastwood) da Il buono, il brutto e il cattivo per andare contro Moritz De Hadeln. La polemica è vecchia con il direttore del Festival veneziano ma il regista di origini napoletane lo “sgarbo” se l’è legato al dito e, ora che sta per uscire in sala L’avvocato De Gregorio, non si lascia scappare l’occasione. “Moritz di Hadeln è un buffone – continua Squitieri – ha escluso il mio film dal concorso dicendo che era televisivo”.
Il regista è polemico come sempre. La pellicola, prodotta da Elide Melli per Cosmopoli Corporation con il contributo del ministero dei Beni culturali, doveva arrivare in sala a novembre poi uno slittamento fino al 7 marzo. “L’avvocato De Gregorio non fa ridere perché parla della mancanza di desiderio di giustizia e verità, ma oggi in Italia c’è poco da ridere. Già Pasolini e Calvino avevano detto di fare attenzione, eppure continuiamo a ridere e dimenticare quello che ci sta attorno. Noi registi facciamo questo mestiere perché lo stato, i contribuenti, ci danno i soldi. Il nostro lavoro costa molto alla comunità e quindi, una volta realizzato, deve arrivare in sala. Una volta esisteva l’Italnoleggio con un circuito di sale dedicate alla programmazione di cinema italiano: che fine ha fatto? Perché in Francia si vedono prima i film nazionali e poi quelli stranieri e da noi no?”.
L’avvocato De Gregorio racconta il riscatto morale di “un essere abietto (Giorgio Albertazzi, ndr.) come un mendicante di Tunisi e insieme bello come un Dio greco”, secondo Squitieri. Il protagonista, sullo sfondo di una Napoli corrotta, dove il senso di “pietas – racconta Squitieri – va sempre più scomparendo”, dopo aver subito un’accusa di truffa perde tutto: il lavoro, la dignità, la moglie e anche il figlio. “Antonio però non si vittimizza, piuttosto cova un rancore che lo trasforma in belva fino a quando qualcosa gli permetterà di riacquistare la propria dignità”.
“Il mio è un personaggio shakesperiano – conclude Giorgio Albertazzi – Essenziale nella vita di Antonio è la perdita e poi il ritrovamento del figlio: questa emozione è condivisibile da qualunque spettatore perché ognuno nel fondo della propria anima ha un figlio perduto”.
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