L’Arcadia adolescente di Eric Rohmer


Eric Rohmer non è venuto a Venezia per motivi di salute: ha ottantasette anni e in una lettera gentile che ha scritto a Marco Müller descrive le sue condizioni come “precarie”. Eppure l’età non gli impedisce di continuare a creare il suo cinema lieve, pieno di ritmo e di parole, innamorato dell’amore. Un cinema che continua ad attirare appassionati e fedeli seguaci. Leone d’oro per Il raggio verde e Leone alla carriera nel 2001, eccolo in concorso cone Gli amori di Astrea e Céladon, Sorprendente operetta bucolica ispirata a “L’Astrée” di Honoré d’Urfé (1568-1625). Di nuovo un film in costume, dopo Perceval, La marchesa von e La nobildonna e il duca, una tessitura dall’apparenza ingenua e sognante che lascia intuire ben altri turbamenti. Immersi in una natura incontaminata – ci sono voluti tre anni a trovare la giusta location nella Francia di oggi “ormai troppo popolata e rovinata dall’industrializzazione”, dice l’ecologista Rohmer – la pastorella Astrea e il pastore Céladon, belli, infantili e rosei come bambolotti, si amano sinceramente ma cadono in un equivoco con conseguenze terribili. Lei lo rifiuta credendosi tradita e gli ordina di non presentarsi mai più al suo cospetto, lui si getta nella corrente del fiume, ma viene salvato dalle ninfe e per non opporsi all’anatema dell’amata torna, dopo molte peripezie, travestito da fanciulla e ne diventa la migliore amica con evidenti risvolti omoerotici.

Rohmer segue il tracciato del romanzo di Honoré d’Urfé, che già Pierre Zucca voleva trasformare in film ma che Margaret Menegoz aveva accantonato perché troppo costoso. “Nel ’95 – scrive il cineasta nelle note di regia – dopo la scomparsa di Pierre, mi è venuta voglia di approfondire la conoscenza di questo classico. Mi aspettavo un romanzo alquanto ostico e ho constatato che non lo è affatto. I dialoghi in particolare sono straordinariamente moderni, tanto più se si considera che sono stati scritti per essere declamati e non letti. A quel punto mi sono limitato a incentrare il racconto sugli amori di Astrea e Céladon e a sopprimere il resto”. Ambientazione piena di anacronismi, dunque, perché il testo descrive la Gallia dei Druidi immaginandola simile alla Francia del Seicento, molti riferimenti pittorici, fronde mosse dal vento che fanno pensare all’ultima opera di Straub-Huillet (Quei loro incontri) anche se qui siamo in piena Arcadia e lì in una natura austera in cui il mito viene riletto in chiave brechtiana. Dalle coreografie ininterrotte che per due ore animano il vagare nei boschi dei personaggi quasi adolescenti spuntano temi tipicamente rohmeriani, come il dilemma che oppone la fedeltà (con i suoi paradossi) alla gioia della seduzione che non ammette di fermarsi su un unico oggetto. Il film, riservato ai palati più fini, è già nelle sale con la Bim.

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01 Settembre 2007

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