Kim Ki-duk e il condannato a morte

Esordio in concorso per il prolifico regista coreano Kim Ki-duk con Soom (Respiro), una tenera favola d’amore e di morte girata in dieci giorni, con pochi attori e pochi ambienti, e montata in una settimana appena, ma straordinariamente ricca di immaginazione e poesia. Una moglie tradita dal marito si appassiona ai destini di un giovane condannato a morte che ha tentato ripetutamente il suicidio, riesce a ottenere il permesso di andarlo a trovare in carcere e durante i brevi colloqui concessi trasforma la grigia cella della prigione in un bosco inscenando il succedersi delle stagioni con tappezzerie colorate, costumi e canzoncine. Mentre tra i due sconosciuti lui non dice neppure una parola, perché ferito alle corde vocali nasce la passione, il marito adultero si pente e il direttore del penitenziario (lo stesso Kim) assiste divertito agli incontri. Il film come racconta l’autore di Primavera, estate, autunno, inverno.. e ancora primavera – è stato realizzato grazie ai proventi delle vendite internazionali dei film precedenti (circa 500mila dollari) in totale autonomia.