John Malkovich per ‘OPUS’, “ispirato da Spike Lee e Miuccia Prada”

Mark Anthony Green presenta il suo horror al Bif&st 2025, protagonista femminile Ayo Edebiri: “Opus è la mia teoria sul tribalismo, per dire qualcosa di controverso in maniera divertente”. Il film al cinema dal 27 marzo con I Wonder Pictures


BARI – Alfred Moretti (John Malkovich) “è tornato”. Una super star della musica, trent’anni dopo gli Anni ’90, annuncia di tornare sulla scena con l’album Cesar’s Request.

Green River, Stato dello Utah: nel cuore di un isolamento paesaggistico suggestivo quanto inquietante, Ariel (Ayo Edebiri) – giornalista in erba, il suo superiore Stan e altre quattro persone della stampa sono “i prescelti” per essere ospitati nell’eden del musicista per un fine settimana, occasione per l’eccezionale opportunità di ascoltare in anteprima la sua neonata creatura musicale.

È subito evidente che il micro mondo di Moretti sia qualcosa di più simile a una gabbia settaria che a un paradiso terrestre, e presto “Il Livello”, una sorta di religione dall’essenza discutile, solletica l’attenzione e la curiosità di Ariel.

C’è un “prima” e un “dopo” nella vicenda di OPUS e Mark Anthony Green, regista del film prodotto da A24, al Bif&st 2025 entra nelle fessure di questo racconto orrorifico, specchio di meccaniche distorte che toccano la patologia dell’ego e dell’idolatria per qualcuno, ma anche il valore mass mediatico del senso del racconto della realtà.

Opus è la mia teoria sul tribalismo, per dire qualcosa di controverso in maniera divertente”, così Green definisce l’essenza del suo film, per cui ci si chiede: l’adorazione di qualcuno può diventare pericolosa? La visione del regista comporta “un’ispirazione intellettuale e una emozionale: io sono contro al fatto che un’opinione sia così radicata da non lasciar spazio al contraddittorio, per cui ho pensato che se avessi messo molte ispirazioni avrei condotto in un viaggio costretto. Ci sono poi nella società dinamiche di potere: ci sono persone che mi hanno fatto sentire come Moretti nel film, per cui per la parte emozionale era importare lasciare ci fosse un contraddittorio, appunto, che diventa l’inizio e la fine del mio processo creativo”.

Il Moretti che Green mette in scena è un personaggio eccentrico ma non fulminante per originalità, né estetica né psicologica, ma il regista conferma che quel ruolo non sia “il feticcio di Prince o Bowie” ma abbia provato a “elaborare una stranezza intrinseca al personaggio”. E, sempre a proposito di ispirazioni, l’autore – premettendo “sono un regista nero”, fa notare che “alla fine, nei titoli di coda, c’è un ringraziamento speciale a Spike Lee, che non so se sappia che esista il mio film, ma ha combattuto per questi film strani, avanguardisti affinché fossero in sala. Uno dei più grandi, ed è presente come ispirazione, è poi Takashi Miike, ma mi sono ispirato a loro quanto a Miuccia Prada: sono stato giornalista di moda, a stretto contatto con i direttori creativi, che preparano con dovizia uno spettacolo quando si tratta di sfilate, e volevo ricreare questa precisione. Ma ho pensato anche a Paul Thomas Anderson o Gus Van Sant”.

Nella società moderna, l’uomo talvolta pensa di poter prendere il ruolo di Dio? Per Green “sì, al 100%. Non siamo mai stati meno religiosi come in questo momento storico: è un istinto primordiale credere in qualcosa per riempire il vuoto. Ma questo tipo di devozione ci porta a qualcosa??? Sono stato giornalista per 13 anni e se c’è una cosa che so è che sia un lavoro importante ma estremamente difficile, soprattutto oggi: la mia lettura personale, per la parte dedicata ai media, è accurata perché vissuta in prima persona. È un mestiere diventato difficile per la crescente polarizzazione: non ritengo di voler muovere una critica severa verso la stampa perché ho vissuto sulla mia pelle cosa significhi, la mia intenzione nel film era esplorare il punto di vista con una sorta di equilibrio”.

Nonostante tutto, Green crede nel genere umano: “premesso che sono nero, americano, di Kansas City, credo in noi anche se livello emotivo credo che l’umanità ci possa spezzare il cuore. Credo non ci sia alternativa e sia necessario credere in noi e io continuerò a farlo. Sono una persona spirituale, credo nell’etica e nella moralità. Non credo l’arte debba fingere di dare delle risposte che non ha, e così nemmeno l’artista, in cui si può credere, certo, solo consapevoli di essere così è un po’ più vulnerabili”.

OPUS esce al cinema il 27 marzo, distribuito da I Wonder Pictures.

 

 

 

 

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