CANNES. Che dirà Moretti di questo film in concorso, L’Apollonide. Souvenirs de la maison close di Bertrand Bonello, in cui Jasmine Trinca, da lui lanciata proprio a Cannes con La stanza del figlio, interpreta una prostituta? “E’ sempre così competitivo, e a me piace mettermi in competizione con lui. Di Bonello ricordo che avevamo visto insieme all’ambasciata francese Le pornographe e Nanni aveva alcune riserve. Forse le avrà anche oggi”.
Nel 2001 l’autore francese aveva infatti raccontato la storia di un regista di porno al tramonto della sua carriera. Quella stessa atmosfera malinconica, di fine di un’epoca, si respira con L’Apollonide in questa casa di tolleranza parigina di inizio Novecento, che vive i suoi ultimi giorni. E’ qui che numerose giovani prostitute esercitano l’antica professione in eleganti salotti, mangiano intorno a un unico tavolo molto familiare, dormono in stanze squallide, si lavano spesso insieme secondo un rigoroso regolamento igienico.
Il film, quasi tutto in interni, è la cronaca della vita quotidiana di queste donne, recluse in questa loro ‘prigione’ ma spesso solidali tra loro. “L’immagine della prostituta ci arriva sempre attraverso lo sguardo maschile: pittori, scrittori che frequentavano il bordello. E’ difficile trovare il punto di vista della prostituta stessa”, spiega il regista. Dieci anni fa Bonello voleva fare un film sulla riapertura delle case di tolleranza, progetto poi abbandonato. Dopo il suo De la guerre ha voluto realizzare un film su un gruppo di ragazze e le loro dinamiche. “La mia compagna mi ha suggerito di riprendere l’idea delle case chiuse ma da un punto di vista storico. Cercando dei testi mi sono imbattuto nel libro di Laure Adler ‘La vita quotidiana nei bordelli di Parigi, 1838-1930”.
Il film mostra poche nudità, non insiste sugli atti sessuali. Sceglie invece di mostrare le fantasie o le perversioni che i clienti ricercano: la geisha, la bambola, la vasca di bagno di champagne, contemplare da vicino il sesso femminile etc.
L’avventura francese della Trinca non è isolata, dopo aver interpretato Ultimatum di Alain Tasma, la vedremo presto in Au galop di Louis-Do de Lencquesaing, storia passionale di una donna che ama contemporaneamente due uomini. “Bertrand per L’Apollonide mi aveva chiamato al cellulare, ma non avevo risposto. Mi ha cercato allora via sms. Quando mi ha detto che si trattava di un film su una casa chiusa di inizio ‘900 mi è sembrato molto strano – dice l’attrice – Poi leggendo la sceneggiatura ho trovato una scrittura formidabile e un film in costume molto attuale”. Prima volta per Jasmine calata nel ruolo di una prostituta, ma rispetto a quasi tutte le altri attrici, lei non ha alcuna sua scena di nudo integrale. “Scene di questo genere non erano previste per la mia Julie. Il regista mi ha chiesto invece che ne pensavo del mio personaggio. Ha grande sensibilità e fragilità ho risposto. E lui: no, non è per niente fragile, è una donna forte”. Perché forte? “Julie non ha bisogno di essere prostituta, di farlo per sopravvivere nella Parigi di inizio secolo, anche se ha un passato come lavandaia. Semmai, cosa molto attuale, è guidata dall’ambizione e dall’idea di riscatto femminile, anche se inteso in modo insolito, in un’epoca in cui non era certo facile emanciparsi. Una donna difficilmente accedeva agli studi, i ruoli per lei assegnati erano di figlia o moglie. Agghiacciante allora la scelta di barattare il proprio corpo per affermarsi”.
Lei è l’unica italiana in un cast a dominanza francese. “Più volte sul set Bertrand mi ha detto che la solarità tutta italiana andava bene per una casa chiusa, nonostante la mia tragica fine”. Dall’Italia è passata a lavorare in Francia? “Devo ringraziare Placido, Giordana e ovviamente Moretti. I ruoli femminili da noi sono quasi sempre di moglie o figlia al servizio di qualcuno o qualcosa, domina uno star system maschile, fatto comunque di bravi attori. In Francia, in questo caso, si è avuto il coraggio di mettere in scena tredici giovani donne”.
E dell’idea che ogni tanto torna di attualità che le case chiuse vengano riaperte? La Trinca non ha un’unica e chiara opinione: “In Italia si era deciso tempo fa di penalizzare il cliente, ma che fine ha fatto quel provvedimento? Credo che la casa di tolleranza sia in fondo meglio di starsene sulla strada nelle mani dei papponi. Se poi prostituirsi è una scelta di vita e di lavoro, allora va regolamentata”.
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