CANNES – Non si smentisce neanche questa volta, Robert Guédiguian, il regista marsigliese di Marius e Jeannette. Irriducibile marxista porta a Un Certain Regard il suo nuovo film, Le nevi del Kilimangiaro, acquistato per l’Italia dalla Sacher. Non un romanzo d’avventura con safari nell’Africa esotica, come potrebbe suggerire lo strano titolo, ma la storia semplice di un sindacalista onesto fino al midollo, di sua moglie, ancora innamoratissima di lui dopo vent’anni di matrimonio e di una rapina ai loro danni che li porterà a ripensare quello che sono diventati e riconsiderare le parole di Jean Jaurès sul coraggio come forma di responsabilità collettiva e individuale. Tanto che il film è, nella definizione che ne dà lo stesso Guédiguian, proprio una sintesi tra il pensiero del socialista Jaurès e Victor Hugo: in particolare il suo poema “Les pauvres gens”.
Nella prima scena vediamo Michel, sindacalista in un cantiere navale, che estrae a sorte i nomi dei venti operai che dovranno essere licenziati. Tra questi spunta anche il suo e così capiamo subito che Michel è uno duro e puro, che non fa sconti a nessuno e tantomeno a se stesso. Affronta la disoccupazione tra alti e bassi, con la relativa serenità di uno che è già nonno e intanto sogna un viaggio in Tanzania con l’adorata Marie-Claire. Ma i soldi raccolti da amici e compagni come regalo per l’anniversario vengono rubati da due balordi mascherati che fanno irruzione in casa loro una sera, picchiandoli e portandosi via anche un albo a fumetti di quando Michel era bambino. La coppia si scopre così un po’ borghese con un senso della proprietà privata che a cinquant’anni è difficile non avere. Denunciano il ladro (un giovane collega di lavoro anche lui appena licenziato) che risulta essere un poveraccio, ben più disgraziato di loro, con due fratellini a carico e l’affitto da pagare.
“Mi sono sempre chiesto – spiega il regista – che cosa avrebbe pensato di me come sono oggi, il me di quando avevo vent’anni, certamente più radicale. Ebbene cerco di comportarmi in modo da non dovermi rimproverare nulla da quel punto di vista”. Un apologo morale, dunque, con i complici di sempre (Jean-Pierre Darroussin, Ariane Ascaride e Gérard Meylan), sempre bravissimi a dipingere la realtà umana e sociale e il silenzioso eroismo delle persone comuni.
“Nel mio film – dice ancora Guédiguian – la solidarietà tra i protagonisti non è la soluzione, ma un inizio: una presa di coscienza di classe con cui ripropongo in scala più piccola i conflitti che viviamo”. Il film ha appena ricevuto il Premio Lux dal Parlamento europeo e il regista marsigliese racconta: “A suo tempo scrissi un articolo contro la costituzione europea e come titolo avevo scelto quello di un poema di Hugo, ‘Les pauvres gens’. Leggendo l’opera ho capito che sarebbe venuto fuori un film fantastico. L’Unione Europea? E’ nata per dire basta alle guerre tra Francia e Germania. A parte gli scherzi, non ho capito cosa sia. Se fosse una realtà socialista vi aderirei ma non mi sento rappresentato da un’entità identitaria: cos’è il mercato comune? E l’Europa ‘cristiana’?”.
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