Non servono due gambe per stare in equilibrio, né tantomeno per essere il più forte. In arrivo dal 16 gennaio su Prime Video, Inarrestabile è una di quelle storie sportive che sembrano nate per incarnare l’indomito spirito americano, per cui anche i più sfortunati – con la giusta dose di talento e determinazione – possono trionfare. Tratto dall’autobiografia Unstoppable: From Underdog to Undefeated: How I Became a Champion, il film racconta la storia vera di Anthony Robles, diventato un campione di Wrestling (lotta libera) nonostante sia nato senza la gamba destra.
A interpretare il protagonista troviamo un convincente Jharrel Jerome, celebre per i ruoli in Moonlight e nella miniserie When they see us, che gli è valso la vittoria dell’Emmy. Il giovane attore, con il supporto diretto dello stesso Robles, si è allenato per mesi per costruire una struttura fisica adatta al ruolo, quella di un atleta che ha dovuto lavorare il doppio degli altri per compensare la sua menomazione naturale. D’altronde: “Non ti serve un’altra gamba, rendi forte quella che hai come se fossero due”.
Al suo fianco un cast di primissimo livello composto in cui brilla Jennifer Lopez nel ruolo dell’eroica madre di Anthony, costretta vedersela con un marito inaffidabile e violento interpretato da Bobby Cannavale. I volti ricorrenti del MCU Michael Peña e Don Cheadle interpretano, infine, i due allenatori che si prenderanno cura di Anthony nelle diverse fasi della sua carriera sportiva, guidandolo al successo finale.
Jharrel Jerome, il regista William Goldenberg e lo stesso Anthony Robles sul set del film
Prodotto da Artists Equity, la società di produzione di Ben Affleck e Matt Damon, e opera prima del montatore premio Oscar per Argo William Goldenberg, il film viaggia esplicitamente nel solco tracciato da Rocky: non solo Philadelphia (e la sua celebre scalinata) è dove la storia inizia e finisce, ma il pugile è considerato dal protagonista un esempio da seguire, un mito senza tempo di determinazione e lotta contro le avversità. Proprio come l’iconico personaggio di Stallone, Anthony Robles ha, infatti, dovuto affrontare gravi difficoltà economiche e sociali, che lo hanno costretto ad affiancare agli sfiancanti allenamenti e allo studio, il lavoro come addetto alle pulizie di un aeroporto privato. Anthony è stato sempre abituato a percorrere il percorso più difficile, anche per questo riuscirà a diventare un lottatore “inarrestabile”.
Lo sviluppo del film segue, dunque, la struttura di un genere a dir poco abusato dal cinema hollywoodiano. Gli alleati, i mentori, gli antagonisti: ognuno sta al suo posto senza particolari sorprese, in una prevedibilità che non toglie gusto al senso del racconto, soprattutto perché si parla di “un’incredibile storia vera”.
Oltre a un cast di livello assoluto, che regala a Jennifer Lopez uno dei suoi ruoli migliori, ciò che convince maggiormente del film è la sua capacità di interrogarsi sul senso stesso del genere aspirazionale sportivo. Perché quando il mondo intorno a te ti dice che contano solo le vittorie e che “se perdi, muori”, a un certo punto inizi a crederci. Il percorso di Anthony inizia a essere davvero appassionante quando “sceglie” di cambiare il suo vero obbiettivo: non più diventare il migliore o sconfiggere coloro che lo hanno rifiutato (che sia un patrigno crudele o un’università prestigiosa), ma smettere di essere arrabbiato contro un mondo che ha sempre remato contro di lui. “Se vinco non sarà il fatto di avere una gamba sola a definirmi”: si ripete Anthony, in quella che diventa presto una struggente lotta per farsi riconoscere al di là della propria disabilità. Riuscirci sarà la vittoria più grande.
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