“Più che di product placement dovremmo parlare di mood placement, perché piuttosto che posizionare nel film il prodotto italiano da promuovere, è meglio creare un’atmosfera, un desiderio”. Si parla di cinema e della sua vocazione di ambasciatore del made in Italy nel mondo e il suggerimento, o forse la provocazione, viene da Manuela Kron, direttore Corporate Affairs di Nestlè-Perugina. L’occasione è la tavola rotonda “Cinema e/è Made in Italy?” promossa a Roma dalla Fondazione Economia Tor Vergata, attraverso il Master in Economia e gestione della comunicazione e dei media, in collaborazione con Anica e con il patrocinio di Ferpi, la Federazione relazioni pubbliche italiana.
E ancora la responsabile di Nestlè porta come esempio di mood placement il film Lezioni di cioccolato di Claudio Cupellini, un’operazione non tradizionale, che ruotava intorno alla Scuola del cioccolato Perugina, e che verrà riproposta con il sequel della commedia di successo diretto dall’esordiente Alessio Maria Federici.
Ma che il cinema sia un alleato importante nella diffusione del made in Italy ne è altrettanto convinto Francesco Delzio, direttore Relazioni esterne e Affari istituzionali del Gruppo Piaggio. E subito viene in mente un brand come la Vespa guidata da Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vacanze romane che ha fatto conoscere questo prodotto nel mondo. “Noi evitiamo il product placement nella versione tradizionale, anche perché questo brand viene spesso ripreso non su nostra richiesta. Preferiamo invece un suo inserimento intelligente e creativo nella trama narrativa, come è avvenuto con una recente produzione europea che ci ha coinvolto nella stesura della sceneggiatura”, afferma Delzio.
La conferma che il cinema è made in Italy, per il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi viene dal momento felice che questo vive in patria: la quota italiana al box office 2011 supererà a fine anno il 40%, con 45 milioni di biglietti staccati. “Nell’epoca della globalizzazione questo dato conferma che il nostro pubblico ricerca un prodotto filmico locale identitario e che non ha alcun senso competere con il cinema americano sul terreno degli effetti speciali – spiega Tozzi – Un cinema capace di veicolare dentro e fuori i confini, come è avvenuto per Benvenuti al Sud, un’immagine positiva del nostro Paese, di promuovere il mood italiano, fatto di gusto bellezza e piacere della vita”.
Ma per Osvaldo De Santis, presidente di 20th Century Fox Italia, le commedie attuali di successo non sono facilmente esportabili, perché la comicità ha spesso caratteristiche nazionali, “occorre invece investire proprio i profitti realizzati da questi film in un cinema differente, di qualità, che, come insegna il passato, è il solo che possa competere sul mercato estero”.
Lamberto Mancini, segretario generale Anica, rileva quanto siano pochi i film nazionali distribuiti all’estero e lamenta l’errore di aver candidato all’Oscar per il miglior film straniero La prima cosa bella di Paolo Virzì e non Io sono l’amore di Luca Guadagnino, accolto con favore dalla critica e dal pubblico americani.
Diventa allora decisiva una struttura ad hoc e una rete di promozione del nostro cinema, oltre a un coordinamento dei diversi enti coinvolti, come sottolinea il presidente di Cinecittà Luce Roberto Cicutto, in attesa di una riforma che crei, sul modello del CNC francese, un’agenzia per la promozione dei titoli nazionali. E Cicutto invita “le aziende del made in Italy, che in passato si sono avvalse proprio del cinema, a mettere a disposizione risorse, insieme al MiBAC, con l’obiettivo di costruire una rete internazionale di venditori presenti tutto l’anno e non sporadicamente”.
E si sconta anche il ritardo con cui le istituzioni hanno guardato al cinema come a un settore del made in Italy da promuovere all’estero. “Solo all’inizio degli anni Duemila ha fatto il suo ingresso accanto a un settore più tradizionale come l’editoria”, ricorda Laura La Corte, dirigente dell’ICE-Istituto nazionale per il Commercio estero.
A chiudere la tavola rotonda è Nicola Borrelli, dg Cinema del MiBAC, che nel suo intervento sottolinea come non si possa “dimenticare che nel dopoguerra proprio il cinema, prima il neorealismo poi la commedia all’italiana, è stato il simbolo della rinascita del nostro Paese. Così come i film americani girati qui da noi hanno fatto conoscere all’estero il nostro Paese”.
Tra gli intervenuti anche Paolo Ferrari, presidente di Warner Bros, Entertainment Italia, Luigi Paganetto e Sergio Cherubini, rispettivamente direttore e vice direttore Master in Economia e gestione della comunicazione e dei media.
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