Il sole nero


C’è anche l’antropologo Massimo Canevacci ad animare il “colto” dibattito dopo la proiezione del film Il sole nero, che Krzysztof Zanussi ha girato tra Catania e le coste del Siracusano, oltre che negli studi di Papigno. Polacco, ma molto vicino all’Italia e al Vaticano (vantava un’amicizia decennale con Giovanni Paolo II), Zanussi ha lavorato stavolta con un cast tutto italiano: Valeria Golino, Lorenzo Balducci, Kaspar Capparoni, Toni Bertorelli, Victoria Zinny e Remo Girone e anche lo spunto viene da una storia del nostro Meridione. Il dramma teatrale di Rocco Familiari, “Agata”, da cui il film è tratto, si ispira a un fatto di cronaca nera: un uomo viene ucciso dalla mafia, la giovane moglie, disperata, si infiltra negli ambienti malavitosi alla ricerca di vendetta, seduce l’assassino e infine lo evira. Ma Zanussi, riscrivendo la storia assieme al drammaturgo, ha privilegiato una dimensione metafisica in cui galleggiano temi universali, l’eterno conflitto tra il bene e il male, l’invidia anche come fattore sociale oltre che individuale, la sete di giustizia che produce altro male. “Il mio testo era più elementare – spiega Familiari – perché avveniva in un contesto preciso, ma secondo il regista non avrebbe funzionato”.

Zanussi, che si richiama alla tragedia greca, vede nei due protagonisti, Agata e Manfredi, coppia di sposi innamorati fino all’estenuazione, l’incarnazione dell’armonia senza incrinature e di un amore assoluto. Ma l’assurdo irrompe in scena: le finestre del loro palazzo nobiliare s’affacciano su un tugurio dove vive un “angelo caduto”, ex musicista abbrutito dalla droga che si diverte a sparare a Manfredi a sangue freddo solo per rovinargli la festa. Agata non accetta la morte del marito, non piange neppure una lacrima ma organizza una vendetta da consumare personalmente. “Il tema della giustizia tocca tutta l’umanità sviluppata”, riflette il cineasta, Leone d’oro a Venezia con L’anno del sole quieto. “In Polonia viviamo con i ricordi terribili delle ingiustizie del passato, ci vorrebbe una penitenza, ma occorrebbe innanzitutto chiedere perdono. Invece la società resta divisa tra vittime e colpevoli e non si riesce a fare i conti con il passato come è successo anche in Francia con Vichy, in Spagna dopo la dittatura di Franco o nella Germania post-nazismo. Si continua a vivere insieme e il male resta impunito”. Zanussi racconta di Josif Brodskij, il grande poeta russo premio Nobel che rifiutò di tornare in patria dopo la fine dell’Urss. “Lo incontrai a Capri e mi spiegò proprio questo: come potrei passeggiare per la Prospettiva Nevskij e incontrare il medico che mi sottoponeva all’elettroshock perché ero un dissidente e che è rimasto al suo posto. Sarebbe di cattivo gusto… Infatti Brodskij è sepolto a Venezia, per sua scelta”. Ma il tema della giustizia riguarda anche l’Italia e il film non risparmia una battuta sarcastica contro l’indulto. “L’Italia ha portato la giustizia all’estremo dell’impunità e questo ha a che fare con il nichilismo perché vedere il male legalizzato ci libera da qualsiasi responsabilità morale”. Aggiunge Rocco Familiari: “Abbiamo scritto il copione prima del decreto sull’indulto, ma il garantismo assoluto era già un fatto. Ricordo il caso di un gioielliere di Terni assassinato dal suo socio, che ne bruciò persino il cadavere. L’omicida fu condannato a dodici anni appena”.
Infine una battuta sul nuovo Papa. “La Chiesa ha difficoltà ad avvicinarsi alla cultura moderna, con Giovanni Paolo II, che era stato attore e commediografo, c’erano maggiori stimoli, oggi il progresso è più lento. Papa Wojtyla mi chiese di vedere i breakdancer, mentre Benedetto XVI è più accademico, anche se devo dire che suona bene mentre Giovanni Paolo II era stonato”.
Il sole nero, costato 3 mln € e coprodotto dall’italiana Edelweiss con i francesi di SBS in collaborazione con Umbria Film Commission e Cinecittà Studios, uscirà il 15 giugno con Mikado, mentre a fine settembre sarà nelle sale francesi.

autore
12 Giugno 2007

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