‘Il seme del fico sacro’: denuncia del regime iraniano

Il nuovo film del regista iraniano Mohammad Rasoulof, vincitore di un Premio Speciale al Festival di Cannes, sarà distribuito in Italia da Lucky Red e BIM Distribuzione dal 20 febbraio


Durante i festeggiamenti per la recente promozione di Iman a giudice istruttore presso il Tribunale della Guardia Rivoluzionaria, la città è scossa dalle proteste popolari seguite alla morte di una giovane donna.

Iman affronta il peso psicologico del nuovo incarico, un ruolo che lo pone al centro di un sistema sotto pressione. Nel frattempo, le sue figlie, Rezvan e Sana, vivono un misto di shock ed entusiasmo per gli eventi che le circondano, mentre sua moglie Najmeh cerca con tutte le forze di mantenere l’unità familiare.

La situazione si complica quando Iman si accorge della scomparsa della sua pistola d’ordinanza. Il sospetto ricade sulle tre donne di casa. Ossessionato dalla possibilità di compromettere la sua reputazione e mettere a rischio la carriera, Iman si lascia trascinare da una paranoia crescente. All’interno delle mura domestiche, avvia un’indagine personale che, passo dopo passo, porta a superare ogni limite, facendo emergere tensioni e segreti sepolti.

Il Seme del Fico Sacro, il nuovo film del regista iraniano Mohammad Rasoulof, vincitore di un Premio Speciale al Festival di Cannes, sarà distribuito in Italia da Lucky Red e BIM Distribuzione. L’uscita nelle sale è prevista per il 20 febbraio.

Il regista è stato imprigionato per 40 giorni in isolamento, nello stesso carcere che avrebbe poi visto la detenzione di Cecilia Sala. Il film rappresenta la Germania, paese dove Rasoulof è fuggito, nella corsa agli Oscar.

“Gli ultimi 46 anni dall’avvento della Repubblica Islamica – dice – sono eventi difficili che non sono stati ancora raccontati. Ad esempio durante le prime decadi sono state giustiziate migliaia di persone e nessun regista iraniano è riuscito a farci un film. C’è un passato pieno di storie affascinanti che vanno raccontate. E’ possibile farlo. Circa cinque anni fa, in anni in cui non avevo il passaporto e non potevo lasciare il paese, ho pensato di fare un film d’animazione, basato sugli archivi. Oggi siamo in un mondo interconnesso. Varie generazioni di artisti iraniani sono in esilio, ma questo in realtà ci dà speranza. Vuol dire che oggi è possibile raccontare storie che abbiano a che fare con il vissuto giornaliero delle persone in Iran e legarle a un tessuto globale”.

Ma cosa è successo alle persone che hanno aiutato Rasoulof a realizzare il film?

“Tra gli attori l’unica persona attualmente in Iran è l’attrice che interpreta la madre. Tutti gli altri hanno lasciato il paese, clandestinamente o no. Molti membri della crew sono rimasti in Iran e c’è un processo giudiziario nei confronti di tutti. Siamo accusati di propaganda contro il regime, attentati alla sicurezza pubblica e diffusione di corruzione e prostituzione. Anche io sono giudicato in contumacia”.

Anche una delle attrici, che ha pubblicato un video virale sui social, ha dovuto passare un periodo in carcere.

Inevitabile una domanda proprio su Cecilia Sala: “E’ stata coraggiosa a prendere il rischio di andare in Iran a vedere da vicino com’è lì la condizione della donna in questo periodo. Ho passato due periodi diversi nella stessa prigione e posso ben immaginare che esperienza difficile possa essere stata per lei, anche in quanto persona europea. Io ci sono cresciuto e in qualche modo ero preparato a combattere con certe difficoltà. Penso che un europeo sia generalmente meno preparato. Ho provato a riflettere tutto ciò che avviene in prigione nelle condizioni della famiglia del mio film. Il modo in cui vengono influenzate le dinamiche familiari… è un modo per estendere il discorso a un pubblico ampio”.

Nel film ci sono anche immagini delle rivolte reali: “Come sicuramente tutti sapete in Iran il giornalismo è un mestiere difficile. Non è permesso documentare le proteste. Dunque sono gli stessi manifestanti a farlo e condividono i documenti tra di loro sui social, ma anche per mandarli all’estero e tenere il mondo informato. Ero in prigione da vari mesi quanto è iniziato il movimento Donna, vita, libertà e cercare di capire cosa accadesse da dietro le mura del carcere era difficile, quindi appena uscito mi sono fiondato a vedere i video, e poi ovviamente sapevo che avrei fatto un film clandestinamente. Quindi non potevo certo ricreare le scene di protesta, il film si sarebbe ambientato in un piccolo appartamento. Mi pareva anche importante riconoscere il ruolo dei social nel rendere più forti e coese le attiviste, per dar loro coraggio e scendere in piazza. E comunque, anche in un mondo ideale dove avessi potuto ricreare le scene, non sarei mai riuscito a ottenere la stessa forza della cruda realtà”.

“Riguardo ai miei progetti futuri – chiude Rasoulof – i ho tre sceneggiatura pronte in mano, ma ora sto viaggiando col film e non sono ancora riuscito a capire da quale iniziare”.

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22 Gennaio 2025

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