“Ci si mette poco a diventare mosche, basta essere distratti per un po’”. Ovvero la malattia mentale è più vicina a noi di quel che si pensi. Così una battuta da Il ronzio delle mosche, art. 8 prodotto da Gianfranco Piccioli e distribuito dall’Istituto Luce in 30 copie dal 30 maggio, Con questa opera prima Dario D’Ambrosi racconta l’universo della malattia mentale tentando di vederla con gli occhi del malato e partendo da un’ammissione preliminare: “L’abisso, a cercarlo bene, è dentro ognuno di noi”.
Al centro del film, realizzato con un cast di straordinari attori teatrali, gli ultimi 3 pazzi rimasti sul Pianeta Terra (Raffaele Vannoli, Giorgio Colangeli e Lorenzo Alessandri). Un gruppo di psichiatri si rende conto che, tolta di mezzo la malattia mentale, la gente s’ammala di noia. Così gli scienziati, guidati dal dottor Grauss (Marco Baliani), avviano una serie di sperimentazioni sui 3 ultimi “mattacchioni”, per capire come diffondere nuovamente la follia tra gli esseri umani.
Nel cast anche Greta Scacchi nel ruolo della dottoressa Natalia: “E’ una normodotata – spiega D’Ambrosi – e allo stesso tempo una ‘mezza mosca’, a cavallo tra il mondo sano e quello malato”.
Il ronzio del titolo è “una costante, un segno, della malattia mentale – racconta il regista – La maggior parte dei soggetti accusa una sorta di rumore, soprattutto le donne”. D’Ambrosi, da 20 anni impegnato in attività teatrali con attori disabili, illustra il suo punto di vista sui malati psichiatrici: “Hanno un solo difetto: la purezza. Il malato psichiatrico è una specie un bambino, a lui va dato rispetto e dignità”.
Il film, un viaggio surreale tra le pareti spettrali della sperimentazione sul malato, è stato invitato al Fantafestival di Roma il 26 maggio. “La figura del dottor Grauss – chiarisce il regista – riassume tutto ciò che è successo dopo l’introduzione della legge 180. Sono stati tolti i manicomi ma non sono state costruite strutture di sostegno adeguato per il malato. Sulla 180 è stata fatta molta demagogia, ma il prezzo pagato per la chiusura dei manicomi è stato alto. Molti malati allora sono morti e credo che oggi siamo di nuovo al punto zero”.
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