Il Presidente degli USA osservato dalla quarta parete

Nella ricorrenza dell’insediamento del 47° Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump nella realtà, 16 titoli - dal classico ‘JFK’ agli episodi di ‘Designated Survivor’, da Steven Spielberg a Ron Howard, per ricordare come cinema e serialità abbiano messo in scena il soggetto del Potus, proponendo allo spettatore una figura realistica quanto prismatica


Il potere, il carisma, le contraddizioni. Il cinema e la serialità hanno profilato la figura del presidente degli Stati Uniti d’America come quella di un mito, di un commander-in-chief sì, ma non libero da vulnerabilità dettate dalle complessità intime che – per realtà, o per finzione che sia – sono costrette a misurarsi con un sistema tentacolare, manipolatorio, solo dalla più ingenua superficialità considerato un tempio dorato: la Casa Bianca di Washington.

Nella ricorrenza dell’insediamento del 47° Presidente degli Stati Uniti d’America, fissata per il 20 gennaio 2025, per cui Donald Trump riprende la carica di Potus, dopo un mandato saltato e la precedente presidenza ricoperta dal 2017 al 2021, ecco una miscellanea di 16 titoli – dal classico JFK agli episodi di Designated Survivor, da Steven Spielberg a Ron Howard, per ricordare come il cinema e la serialità abbiano raccontato la figura del Potus, tra potere e psicologia, proponendo allo spettatore il profilo di una figura realistica quanto prismatica.

Una pietra miliare della narrazione presidenziale è la serie creata da Aaron Sorkin, THE WEST WING (1999-2006), con il presidente Josiah “Jed” Bartlet interpretato da Martin Sheen: un leader idealista e compassionevole, una rappresentazione quasi utopica della politica a stelle e strisce. Si esplorano le sfide morali, personali e politiche, con il profilo di uomo di grande intelligenza e umanità. Bartlet rappresenta il sogno di ciò che un Potus dovrebbe essere. Sheen interpreta con profondità emotiva, creando un personaggio che bilancia l’intelletto con l’umiltà. È un’interpretazione sofisticata e mai unidimensionale: il Bartlet di Sheen è un uomo di grande compassione, un leader imperfetto e la sua umanità emerge attraverso il dubbio morale e le sfide personali; mescola idealismo e vulnerabilità, per questo si restituisce come uno dei presidenti più completi e realistici del racconto cinematografico.

È un maestro, non l’unico, ad aver deciso di occuparsi di un altro essere umano, a suo modo anche lui “maestro”, seppur nella sfera politica più alta: Steven Spielberg, infatti, con LINCOLN (2012) si concentra sugli ultimi mesi di vita del Presidente (Daniel Day-Lewis), ritratto come un uomo profondamente empatico, scisso tra il peso della guerra civile e la lotta per l’approvazione del 13mo emendamento. Il regista lo dipinge come un solitario, un soggetto quasi mitologico, la cui leadership è mossa da un senso assoluto di giustizia. Day-Lewis offre una performance d’eccellenza, infonde al personaggio un’aura quasi mistica, incarna calma autoritaria e sensibilità intellettuale. L’attore è un Presidente riflessivo, che spesso parla con dolcezza ma, al contempo, non esita a prendere decisioni complesse.

C’è un nome, preciso, iconico, ammaliante, che identifica un “oggetto” sinonimo del presidente americano ed è il suo aereo ufficiale, l’AIR FORCE ONE (1997) che dà titolo al film di cui è protagonista Harrison Ford, primo attore di un racconto d’azione, in cui dà vita al Potus James Marshall, eroe volitivo che si batte contro un gruppo di terroristi che sequestrano il suo AFO. Il film racconta un politico che coniuga le qualità del leader risoluto e quelle dell’uomo d’azione. Marshall è una rappresentazione quasi super eroica del suddetto commander-in-chief, e la storia si fa portatrice di un forte messaggio patriottico. Ford interpreta Marshall con una notevole dose di serietà e la sua recitazione è definita dall’autenticità: l’attore, con la sua presenza carismatica, restituisce un’interpretazione in cui riecheggia l’idea di un presidente che sia tanto simbolo di speranza quanto uomo di carne e ossa.

Dici “Presidente degli Stati Uniti” e – nel tempo contemporaneo, vuoi anche per la correlata cronaca più complessa – pensi immediatamente alla serie HOUSE OF CARDS (2013-2018): se The West Wing rappresenta il presidente idealista, HoC mostra il lato oscuro del potere. Frank Underwood (Kevin Spacey) raggiunge la presidenza passando con nonchalance tra macchinazioni, manipolazioni e tradimenti. Qui il presidente è l’incarnazione di un’ambizione divorante. La serie può essere letta anche come una riflessione sul cinismo della politica moderna. Kevin Spacey dà vita a un presidente senza scrupoli, con un’interpretazione cinica, che cattura il lato buio della politica: la presenza scenica è magnetica, sottilmente inquietante, riesce a far vivere una tensione costante tra carisma e raggiro. L’attore riesce a rendere il personaggio affascinante e allo stesso tempo moralmente ripugnante, sfidando lo spettatore a riflettere sulle motivazioni del potere.

Da un presidente immaginario a uno reale, Richard Nixon, che Ron Howard racconta nel suo FROST/NIXON (2008), un film che si concentra sull’intervista storica tra il giornalista David Frost (Michael Sheen) e l’ex Presidente (Frank Langella). Nixon è mostrato come figura controversa e complessa: arrogante, vulnerabile, pieno di rimorsi. È uno sguardo intimo su un presidente caduto in disgrazia, che mette in luce il lato umano dietro il potere. Langella incarna un profilo inquietante e complesso, non imita il presidente, ma lo rende fallibile e tormentato. È un’interpretazione ricca di sfumature: l’uomo è tanto affascinante quanto pericoloso, è vulnerabile emotivamente ma non elimina la sua arroganza. Langella trasforma Nixon in una figura tragica, ma mai scivola nel caricaturale.

“Nomen omen” per i latini, così il titolo di Rob Reiner: THE AMERICAN PRESIDENT (1995), commedia romantica con Michael Douglas nel ruolo di Andrew Shepherd, un presidente vedovo che s’innamora di una lobbista. Il film s’immerge nelle difficoltà di conciliare la sfera personale con quella pubblica: Shepherd è un Potus umano e vulnerabile, lontano dall’austerità solitamente associata alla carica. Douglas porta un fascino unico al suo presidente, ma con un’interpretazione equilibrata, in cui infonde una presenza carismatica che non esclude le sue incertezze più intime. Shepherd ama la sua Nazione, ma non è esente dalle debolezze dell’individuo, con dolcezza e determinazione che ne fanno una figura sempre accessibile e credibile.

Dalla commedia alla satira con VEEP (2012-2019), serie con Julia Louis-Dreyfus: si racconta la politica statunitense attraverso la lente dell’assurdo e del comico. Selina Meyer, da vicepresidente a presidente, è una leader disastrosa e auto-centrata, simbolo di una classe politica priva di ideali. Veep gioca con un ritratto spietato e ironico della presidenza di Washington, mettendo in luce l’ipocrisia e il caos della politica. La protagonista ci restituisce una comicità straordinariamente tagliente: il ruolo è quello di una donna ambiziosa e disposta a tutto per ottenere e mantenere il potere. È brillante quanto imperturbabile e spietata, ma anche profondamente insicura; Meyer passa rapidamente dal cinismo alla disperazione, e Louis-Dreyfus la rende sorprendentemente simpatica pur nelle contraddizioni.

Un altro titolo che ha scritto la Storia del cinema è certamente INDEPENDENCE DAY (1996), in cui – in un blockbuster fantascientifico – Bill Pullman interpreta il presidente Thomas J. Whitmore, leader magnetico che unisce il mondo nella lotta contro un’invasione aliena. Con il suo discorso patriottico e la decisione di combattere in prima linea incarna l’ideale di un presidente eroico, pronto a sacrificarsi per il bene comune. Pullman è energico e risoluto come prima carica degli Stati Uniti e la sua interpretazione è di caratura per l’equilibrio tra autorità e vulnerabilità. Il famoso discorso alla fine del film è uno dei momenti più iconici di questo personaggio, grazie alla forza e alla convinzione con cui l’attore lo esprime.

Dalla fantascienza al thriller con ALL THE PRESIDENT’S MEN (1976), film che racconta lo scandalo Watergate attraverso gli occhi dei giornalisti che lo svelarono. Sebbene il presidente Nixon non appaia direttamente è una presenza costante e inquietante, simbolo del potere corrotto. La vicenda narrata – con protagonisti Robert Redford e Dustin Hoffman – evidenzia i limiti e le ombre della presidenza, con il ruolo dei media a contrappeso del potere esecutivo. In All the President’s Men, Nixon è presente solo attraverso filmati d’archivio, ma la sua presenza resta opprimente: seppur non interpretato da un attore, l’uso della sua voce e delle sue immagini pubbliche dipinge un Potus inquietante e contorto. La figura qui è simbolica, diventa un monito sulle distorsioni del potere e l’inganno.

Ancora, liberamente ispirato alla campagna presidenziale di Bill Clinton, PRIMARY COLORS (1998) racconta la storia di Jack Stanton (John Travolta), un candidato carismatico ma imperfetto, un presidente in divenire, il cui ritratto complesso mette in luce il fascino e le ambiguità del potere; una storia in cui si esplorano i compromessi morali e le difficoltà della leadership. John Travolta interpreta Jack Stanton come una versione fittizia di Bill Clinton, un politico carismatico ma anche difettoso: sceglie un ritmo che oscilla carisma naturale e ambiguità, quella di un uomo che usa il proprio potere per vantaggi personali.

Quando un attacco terroristico uccide l’intero governo, Tom Kirkman (Kiefer Sutherland), un funzionario di basso livello, diventa improvvisamente presidente, questa la trama in sintesi della serie DESIGNATED SURVIVOR (2016-2019), che mostra la trasformazione di un uomo comune in un leader, affrontando il peso della responsabilità in circostanze straordinarie. Kirkman è un presidente riluttante ma resiliente, e la vicenda offre una riflessione sul carattere e sull’adattabilità necessari per guidare una Nazione in crisi. Sutherland porta un’interpretazione sobria e introspettiva, è un presidente che deve adattarsi rapidamente alla sua nuova realtà, e l’attore riesce a mostrare un personaggio che è al tempo stesso un outsider e un leader capace di crescere. La sua rappresentazione evidenzia l’evoluzione del personaggio da uomo indeciso a comandante in grado di affrontare le difficoltà con coraggio.

Se il Potus è il protagonista, non c’è “re” senza una “corte”, e questo è un po’ lo spirito di due titoli:

LA CUOCA DEL PRESIDENTE (2012) di Christian Vincent, film francese ispirato alla vera storia di Danielle Mazet-Delpeuch (Catherine Frot), la chef personale di François Mitterrand. Qui il Presidente è ritratto nei momenti privati, quando apprezza cibo semplice e autentico come rifugio dalle tensioni politiche, rivelando così la fragilità dietro la sua facciata pubblica. Jean d’Ormesson interpreta Mitterrand con una delicatezza che nasconde la sua autorità politica: è un uomo che cerca conforto nelle piccole cose, trasmette senso di solitudine e introspezione, ma anche un rispetto per la figura che incarna, che mai si riduce a un semplice statista. E dell’anno successivo è THE BUTLER – UN MAGGIORDOMO ALLA CASA BIANCA (2013), film di Lee Daniels, sulla vita di Cecil Gaines (Forest Whitaker), maggiordomo nella dimora presidenziale per differenti legislature, da Eisenhower a Reagan. La narrazione sposta il focus dall’ufficiale al personale: ogni leader è rappresentato in relazione ai cambiamenti sociali e politici che attraversano gli Stati Uniti. I presidenti, da Kennedy a Nixon, emergono come figure storiche, ma anche come individui con limiti e contraddizioni. Il film offre uno sguardo empatico su come la presidenza USA s’intrecci con le lotte per i diritti civili. Robin Williams, nei panni di Eisenhower, per esempio dona una performance sobria e composta, portando il presidente come un uomo pragmatico e di principio: Williams trova qui una dimensione che gli ha permesso di far emergere il lato più serio e meditativo del Presidente.

È probabilmente “il” film più pop sul capo assoluto degli Stati Uniti d’America: JFK – UN CASO ANCORA APERTO (1991) diretto da Oliver Stone, thriller politico che esplora l’assassinio di John F. Kennedy attraverso le indagini del procuratore distrettuale Jim Garrison (Kevin Costner). JFK è ritratto principalmente attraverso il mito che lo ammanta: lui è un simbolo di speranza e cambiamento, ma anche un uomo avvolto da complotti e misteri. Il film riflette sull’impatto della presidenza sulla memoria collettiva, trasformando quel Presidente in una figura quasi sacra e martirizzata. Sebbene JFK non presenti direttamente il presidente, la sua figura è centrale nella narrazione e Costner, nel ruolo di Garrison, esamina il caso da un punto di vista critico: funge da “giudice” della figura di Kennedy ma, allo stesso tempo, la sua interpretazione rivela un affetto per il Potus, seppur contaminato dalla sfiducia nei confronti della sua morte. Il film costringe a confrontarsi con un Kennedy diventato leggenda.

Da “mito” a “mito”, in questo caso la mente creativa del progetto: Shonda Rhimes, autrice di SCANDAL (2012-2018), serie che racconta le trame politiche e personali di Washington D.C. Il presidente Fitzgerald Grant (Tony Goldwyn) è un uomo spaccato a metà tra il dovere e le emozioni, in particolare per la sua relazione con Olivia Pope (Kerry Washington), la protagonista. Fitz è ritratto sì con tratto umano, decisamente vulnerabile e manipolabile, spesso lontano dall’immagine iconica del comandante in capo e Scandal esplora il lato sensazionale della presidenza, soffermandosi sui giochi di potere e gli scandali personali. Goldwyn interpreta il presidente Grant con forza e vulnerabilità, riesce a umanizzare un presidente che avrebbe potuto sembrare solo un altro personaggio politico, riuscendo a trasmettere insicurezze e conflitti interni, restituendo così una dimensione complessa al suo personaggio.

Dulcis in fundo, Donald Trump, protagonista del biografico THE APPRENTICE – ALLE ORIGINI DI TRUMP (2024), film che lui stesso ha definito “falso” e “senza classe”. Ha dichiarato che l’opera di Ali Abbasi sia “una spazzatura economica, diffamatoria e politicamente disgustosa”, suggerendo che l’intento fosse screditare il movimento “Make America Great Again” in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Il regista irano-danese ha risposto alle critiche del Potus dichiarando di essere disposto a discuterne ulteriormente con il Presidente in persona.

Per l’attualità più stretta, si segnala Democracy In America – Il ritorno di Trump in un Paese diviso, un documentario in tre puntate a cura di Giovanni Troilo, il 17, 18 e 19 gennaio alle 21 su Sky TG24, Sky Documentaries e sempre disponibile on demand, per esplorare uno spaccato profondo degli Stati Uniti attraverso la lente di una battaglia elettorale locale.

Questi molti e sfaccettati titoli ci mostrano che la presidenza americana sia molto più di una posizione di potere, bensì un riflesso delle speranze, delle paure e delle contraddizioni di una Nazione. Infine, non si rintracciano dichiarazioni ufficiali di Donald Trump sul significato e sul valore del cinema, tuttavia è noto che durante la sua campagna elettorale del 2016 abbia utilizzato la colonna sonora di Air Force One come tema per la sua entrata alla convention repubblicana: questo gesto è stato interpretato da alcuni come un tentativo di associare la sua immagine a quella del presidente eroico del film.

autore
19 Gennaio 2025

Film

Film

‘Povere Creature!’ nella top ten di Wikipedia Italia 2024

Il film di Yorgos Lanthimos si posiziona al decimo posto delle voci più cercate in Italia nel 2024, unico film in classifica

mirabile visione
Film

‘Mirabile Visione: Inferno’: disponibile la colonna sonora

La musica, realizzata con la Czech National Symphony Orchestra e l’Orchestra Sinfonica di Milano, offre un’esperienza sonora che trasforma le parole di Dante in un viaggio universale, esaltando il messaggio poetico con un livello artistico degno del cinema internazionale

Film

Mufasa: il prequel del Re Leone con le voci di Marinelli e Elodie

Il prequel di Barry Jenkins, di cui sono stati presentati in anteprima 40 minuti, si concentra su Mufasa da cucciolo orfano, solo e abbandonato, finché non incontra Taka, un giovane leone destinato a diventare Scar, erede di una stirpe reale. Il film, doppiato da Marinelli ed Elodie, arriva in sala il 19 dicembre

Galbani Bel Paese_Napoli-New York 1
Film

Galbani Belpaese simbolo di italianità nel film di Salvatores

Il formaggio, parte del Gruppo Lactalis, sarà presente come simbolo di italianità in Napoli-New York, in uscita il 21 novembre


Ultimi aggiornamenti