Il messaggio di Panahi al festival di Berlino


“Mi hanno condannato a 20 anni di silenzio ma io continuo a battermi per un tempo in cui ci sarà tolleranza reciproca, rispetto per le opinioni degli altri e in cui sapremo vivere per gli altri. Spero che i miei colleghi in ogni parte del mondo sappiano creare tali capolavori che, mentre io sarò dietro le sbarre, sarò incoraggiato a vivere nel mondo che loro hanno sognato nei film”. Così recita il messaggio, letto ieri sera dal presidente della giuria Isabella Rossellini, che il regista iraniano Jafar Panahi ha indirizzato alla Berlinale.

Il cineasta è stato di recente condannato in Iran a sei anni di prigione e al divieto di realizzare film per i prossimi vent’anni. “Mi piego alla realtà della prigionia e dei carcerieri. Ma cercherò nei film degli altri i miei sogni, cercando di trovarvi ciò di cui io sono stato privato. Il mondo di un regista – continua Panahi – è segnato dalla relazione tra la realtà e il sogno. Usa della realtà come fonte di ispirazione, dipinge coi colori dell’immaginazione, crea proiettando nel film i suoi sogni e le sue speranze. Ora la mia realtà è quella per cui non ho potuto fare film negli ultimi cinque anni e adesso, in base alla sentenza di un tribunale sarò privato di questo diritto per i prossimi 20 anni. Ma so già che nella mia mente continuerò a girare i miei film dando corpo ai miei sogni. So bene che non potrò dar voce ai problemi quotidiani e alle esigenze della mia gente, ma non mi posso impedire di sognare che tra 20 anni quei problemi si saranno risolti e che io potrò parlare di pace e benessere nel mio paese. Nessuno – conclude l’artista – può impedirmi di sognare che tra 20 anni l’inquisizione e l’intimidazione saranno sostituiti con la libertà di pensiero”.

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11 Febbraio 2011

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