I segreti del Caimano svelati a Torino


Il diario della lavorazione del Caimano è in realtà una lezione di cinema che Nanni Moretti ha voluto portare di persona al Torino Film Festival, “la vera Festa del cinema”, come ha detto in una recente intervista a “La Stampa” lanciando una frecciata a Roma e alla sua mega-kermesse. Nanni a Torino viene volentieri da sempre e ci sarebbe venuto anche l’anno scorso, svela Roberto Turigliatto, se non fosse stato impelagato nella lunga e nervosa lavorazione del suo ultimo film, un film su cui sono state dette e scritte tante cose, prima ancora di vederlo, da destra e da sinistra, persino “speriamo che sia utile e non dannoso”, persino che era “nazi-maoista”. Ma il Nanni girotondino, di politica non vuole più parlare, almeno in pubblico, e per questo depista i giornalisti accompagnato a passo svelto dall’amico Alberto Barbera, l’ex direttore di Venezia che oggi guida il prestigioso e bellissimo Museo del Cinema qui nella Mole. Invece con i suoi spettatori, spesso molto giovani e cinefili che un po’ fanno venire in mente l’agguerrita regista esordiente Jasmine Trinca, è tutt’altro che scortese. A una ventenne che cita a memoria Palombella rossa e si dichiara confusa “perché la rivoluzione del ’68 non è servita a nulla, tanto è vero che siamo berlusconizzati” dà appuntamento al bar e sul finale apocalittico del Caimano aggiunge una riflessione amara: “Dovremo fare i conti per un bel po’ di anni con le fiamme e le macerie simboliche di questo paese, ci vorrà tempo per mettere le cose a posto. Il fenomeno Berlusconi ha trovato un terreno fertile con la sua avventura televisiva e poi politica in un’Italia con poco senso dello Stato, insofferente alle regole e che considera le tasse un incompresibile e intollerabile fastidio”.

Eppure il “Diario del Caimano” e i “Ciak interi”, inseriti come extra del dvd appena uscito nelle videoteche, parlano di molto altro confermando l’impressione che il film sia più complesso di quanto si sia pensato all’inizio. Sono quasi una dichiarazione di “poetica”. Assistiamo alla fase di scrittura con Federica Pontremoli e Francesco Piccolo, ai provini e al lavoro con gli attori, alla messa a punto delle comparsate di lusso di tanti registi (da Giuliano Montaldo a Carlo Mazzacurati) e del critico Tatti Sanguineti, quindi al montaggio, all’uscita nelle sale in periodo elettorale con il Tg2 che rifiuta la recensione per par condicio. “Questo non è il solito backstage in cui tutti dicono che sono contenti di aver fatto il film e che faticheranno a uscire dal personaggio”, esordisce Moretti che aveva già tentato l’esperimento con i “Tagli di Aprile”. Fa notare che la sua voce fuori campo legge brani del vero diario e che niente è ricostruito o artefatto come spesso si fa nei documentari. “Neanche quando mando tutti a quel paese e me ne vado dal set”. Lo considera un fatto etico-estetico, come la netta diffidenza verso l’elettronica: “la uso in moviola con l’Avid, ma ho problemi a usarla durante le riprese”. Non mancano gli inediti: immagini di Berlusconi, compresa una telefonata con Dell’Utri, e alcune scene non montate, tra cui una conversazione tra Jasmine Trinca, la sua compagna Cecilia Dazzi e il produttore Bruno Bonomo che confessa il suo smarrimento di padre che deve confrontarsi con le due “madri” di una bambina. Moretti motiva la scelta “pedagogica” dei ciak interi, un modo di spiegare che si girano separatamente campi e controcampi. Ma i ciak ci regalano un’inedita Margherita Buy che si emoziona davvero nella lite telefonica con l’ex marito, mentre a darle la battuta non è Silvio Orlando ma un Nanni totalmente immedesimato nella parte. “In questo film ci sono tante cose personali e politiche a cui tengo”. Per chi non l’avesse capito.

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14 Novembre 2006

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