I Papi nel cinema, da ‘Conclave’ allo sguardo degli autori

Ripercorriamo i film e le serie che hanno provato a rispondere alla domanda: chi è davvero colui che indossa la veste bianca?


Nell’ora solenne, nel silenzio che accompagna (o dovrebbe accompagnare) la fine di un pontificato, i film e le serie diventano specchi opachi, superfici sottili su cui si proiettano le inquietudini collettive e le domande più antiche: chi è davvero colui che indossa la veste bianca?

Il cinema, attratto da ciò che sfuma tra la materia e l’invisibile, ha inesorabilmente composto un atlante di volti papali, sospesi tra la carne e il simbolo. Tra agiografie che sfiorano la reliquia e racconti che graffiano l’aura sacra, il pontefice cinematografico è divenuto figura ambivalente: guida e spettro, sovrano e penitente, uomo e mistero.

Il fascino della figura papale attraversa decenni di cinema, tracciando un’evoluzione che riflette mutamenti nella sensibilità collettiva e nel rapporto con l’istituzione ecclesiastica. Se le prime produzioni offrivano ritratti reverenziali, col tempo il cinema ha imparato a scavare nelle contraddizioni, restituendoci un’immagine sempre più stratificata del pontefice: pastore e politico, uomo e simbolo.

È tempo di Conclave

Il recente film girato a Cinecittà Conclave, diretto da Edward Berger e interpretato da uno straordinario Ralph Fiennes, è tornato con forza al centro dell’attenzione, complice la morte del pontefice. L’opera ha infatti saputo conquistare il pubblico e farsi spazio tra i titoli protagonisti della stagione dei premi, diventando per molti lo strumento privilegiato per comprendere i rituali antichi e la sacralità del momento in cui si elegge un nuovo papa.

Tratto dal romanzo del 2016 di Robert Harris, il film ci trasporta nel cuore di uno dei riti più carichi di mistero e potere: il conclave. Le immagini – i cardinali riuniti sotto gli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, il fumo nero che segnala l’indecisione, quello bianco che annuncia la scelta – sono familiari anche a chi non condivide la fede cattolica. Ma è la tensione sotterranea, la lotta silenziosa tra ambizione e spirito, che domina la narrazione.

Lo stesso Harris ha dichiarato di essersi ispirato alle dinamiche dell’elezione di Papa Benedetto XVI nel 2005, e a un presunto diario di un cardinale che tentò invano di fermarne l’elezione. Il personaggio interpretato da Stanley Tucci, ispirato a un celebre cardinale progressista di Milano, incarna questa tensione tragica: l’uomo che ha atteso tutta la vita, e che vede sfumare il soglio proprio quando sembra a portata di mano. il film ci introduce nei recessi impenetrabili del Vaticano nel momento più denso di tensione: l’elezione di un nuovo pontefice. In un tempo di transizione reale, il film assume il sapore di una metafora contemporanea, riflettendo sull’enigma del potere spirituale e sulle sue manifestazioni terrene, tra rituali immutabili e pulsioni umanissime.

Conclave si colloca come un nodo ulteriore in una narrazione secolare. Film elegante, carico di simboli, immerso in un’atmosfera che pare sospesa tra rito e presagio, non chiude un discorso: lo rilancia, con grazia inquieta. Perché il cinema, nel suo continuo interrogarsi sul mistero del sacro, trova nella figura papale una rappresentazione al tempo stesso mistica e politica.

Così parlò Sorrentino

Un punto di svolta fondamentale arriva con Paolo Sorrentino e la sua doppia incursione nel mondo pontificio: The Young Pope e The New Pope. Con Jude Law nei panni di un inedito Pio XIII e John Malkovich come Giovanni Paolo III, Sorrentino plasma un universo visivo e narrativo dove il sacro si contamina con l’immaginario pop, il silenzio liturgico si rompe tra sigarette e sintetizzatori.

La Chiesa diventa un luogo mentale, un sogno barocco popolato da cardinali-bambini, monache danzanti e visioni celestiali, ma anche un campo di battaglia dove si consumano lotte di potere e crisi d’identità. In questo contesto, il papa non è più soltanto il successore di Pietro: è l’incarnazione del dubbio, del carisma, del trauma e della grazia. Sorrentino, in fondo, racconta la fede come una vertigine estetica e psicologica.

La grande fuga di Nanni Moretti

Con Habemus Papam (2011), Nanni Moretti rompe ogni schema. Michel Piccoli è un papa appena eletto che, schiacciato dall’angoscia del ruolo, fugge. Letteralmente. La sua assenza diventa il centro narrativo di un film che alterna leggerezza e malinconia, interrogandosi su cosa significhi, davvero, accettare una chiamata tanto assoluta.

Moretti, da sempre attento al lato umano dei suoi personaggi, costruisce una parabola sul fallimento come possibilità di autenticità. Il papa è un uomo che dubita, che cede, che si nasconde. Ma è anche, paradossalmente, il più credibile dei papi cinematografici, proprio perché rifiuta la maschera.

I due papi: il dialogo tra epoche

Nel 2019 Fernando Meirelles firma I due papi, film che mette in scena l’incontro, tanto immaginato quanto plausibile, tra due visioni del cattolicesimo: quella rigorosa e dottrinale di Benedetto XVI (Anthony Hopkins) e quella empatica e riformatrice di Jorge Mario Bergoglio (Jonathan Pryce). La narrazione, pur romanzata, si fonda su una tensione reale e profonda che ha attraversato gli ultimi decenni della Chiesa: conservazione e cambiamento, silenzio e parola, identità e apertura.

Meirelles sceglie il dialogo come centro nevralgico del racconto, evitando lo scontro frontale per privilegiare una messa in scena intima, quasi sacrale, dove le differenze si ascoltano più che scontrarsi. In questo teatro di coscienze, il papa cinematografico si trasfigura in figura-limite: ponte tra generazioni, tra dogma e compassione, tra la solitudine del potere e l’urgenza di essere vicini al mondo. Non è il trionfo di un’ideologia sull’altra, ma il tentativo di comprendere dove si trovi oggi il cuore della fede.

La leggenda del Papa femmina

Tra mito e eresia, la leggenda di una donna salita al soglio pontificio ha attraversato secoli, sedimentandosi nella memoria collettiva come provocazione e allegoria. Pope Joan (1972), interpretato da Liv Ullmann e diretto da Michael Anderson, rielabora questa narrazione con toni epici e simbolici. La protagonista, giovane donna di fede e intelligenza acuta, finge di essere un monaco per sfuggire alla brutalità del Medioevo e finisce, con astuzia e dedizione, per essere eletta papa. È solo quando la sua gravidanza viene scoperta che il velo della finzione si squarcia, rivelando l’impossibile: una donna sul trono di Pietro.

Il film, che inizialmente incorniciava la storia come allucinazione di una predicatrice moderna, fu poi rimontato come dramma storico, perdendo la sua cornice contemporanea. Con Olivia de Havilland nel ruolo di una madre superiora fiera e Maximilian Schell come monaco innamorato, il film affianca alla provocazione narrativa una riflessione sulla fede, sul potere e sulla possibilità del sacro al femminile. Pope Joan, pur criticato e ridimensionato, resta una testimonianza del fascino che il papato esercita anche nei territori della leggenda, laddove la Storia lascia spazio all’immaginazione.

Il caso Wenders

Papa Francesco – Un uomo di parola (2018), diretto da Wim Wenders, è forse l’approccio più diretto e meno filtrato alla figura di Bergoglio. Il documentario si costruisce come un dialogo tra il pontefice e lo spettatore, evitando ogni orpello estetico per concentrarsi sul messaggio.

Wenders lascia spazio alla voce del papa, alla sua capacità di comunicare con semplicità concetti profondi, senza mai perdere la complessità della sua missione. Il risultato è un ritratto sobrio e intenso, in cui la potenza dell’esempio supera quella dell’icona senza  cercare lo scoop né la retorica. Non esibisce miracoli, non rincorre la cronaca, non infiocchetta. Semplicemente, osserva. E nell’osservare, invita ad ascoltare. Francesco parla di povertà, di migrazioni, di ambiente, di giustizia, e lo fa senza infingimenti. Non c’è alcun filtro tra il pontefice e la camera. Solo un dialogo – col mondo, con la coscienza, con l’umanità.

Il futuro del papato sullo schermo

Il papa cinematografico è il custode di una soglia, ma anche il reggente di un trono. Un volto in cui si specchiano le ambivalenze più profonde dell’animo umano: la lotta tra la voce e il silenzio, tra la resa e il potere, tra la chiamata divina e la solitudine del comando. Il cinema riconosce in quella figura il teatro di una tensione eterna, mai pacificata.

E finché esisterà questa frattura, questo spazio vuoto da colmare con un gesto, un abito, uno sguardo rivolto all’invisibile, il papa continuerà a popolare i nostri schermi. Ogni film sarà allora una liturgia laica, un tentativo di avvicinamento all’ignoto, e ogni immagine, un frammento di visione da custodire nel buio della sala.

Ogni nuovo film sarà, in qualche modo, un atto di fede nel potere delle immagini di illuminare il mistero.

autore
26 Aprile 2025

Focus

Focus

L’infinita voglia di passare dalla carta al set

In occasione dell’uscita di L’infinito, esordio alla regia di Umberto Contarello — sceneggiatore per maestri come Sorrentino e Bertolucci — un viaggio tra gli autori che hanno scelto di passare dietro la macchina da presa

Focus

Il cinema – Una lunga storia di abbracci

Il Festival di Cannes ha scelto quello di Un uomo, una donna di Claude Lelouch per la sua doppia locandina: noi ripercorriamo altri celebri abbracci del cinema

Focus

Star Wars, il 4 maggio e la vendetta del Quinto

Ieri è stato lo Star Wars Day, ma le celebrazioni continuano! Anche il gioco di parole 'May the Fourth' ha infatti un suo sequel... 'Revenge of the Fifth', la vendetta del Quinto! Un modo come un altro per continuare a festeggiare anche il 5 maggio

Focus

Mattia Torre: l’artista che ci ha rivelato come siamo

In vista della presentazione del premio a lui intitolato, un ricordo del brillante autore dietro opere come La linea verticale, Boris e Figli


Ultimi aggiornamenti