BARI. “Gomorra trasformato in serie televisiva è in fase di scrittura, con la collaborazione di Roberto Saviano, la produco insieme a Cattleya, il broadcaster è Sky, ma non c’è ancora il nome del regista”. Il produttore Domenico Procacci, durante la sua lezione al Bif&st davanti a una sala affollata e attenta, ammette che l’idea di portare il romanzo sul piccolo schermo, l’ha avuta da Garrone: “In questo libro ci sono almeno 10 film, come Kieslowski si potrebbe fare Il decalogo“.
Dall’incontro, coordinato dal presidente dell’Apulia Film Commission Oscar Iarussi, emerge un produttore che punta al cinema di qualità e alla scoperta di nuovi registi con l’obiettivo di farli conoscere a un pubblico il più ampio possibile. “Per scoprire un talento non basta un’opera prima, è necessario, anche se il risultato non è stato buono, sostenere il film successivo”, afferma Procacci. Così si è comportato con Paolo Sorrentino e Gabriele Muccino i cui esordi tanto hanno faticato in sala.
“Da tempo sostengo quanto sia importante investire nella formazione e invece riduttivo fermarsi al dato aritmetico. Da sempre sostengo la necessità dell’aiuto dello Stato a chi fa cinema d’autore e produce dunque un prototipo. Se ci fossimo affidati al solo mercato, peraltro dominato da pochi soggetti, non avremmo avuto film premiati e apprezzati all’estero come Gomorra e Il Divo“.
E allora tutta la polemica sul finanziamento pubblico al cinema per il produttore barese è posta in termini demagogici. “Lo spettacolo è periodicamente attaccato da destra e da sinistra. Vorrei semplicemente che il denaro pubblico fosse speso per far funzionare bene un ospedale ma anche per avere una produzione culturale diversificata e non solo caratterizzata da film dai risultati prevedibili”.
E il produttore ce l’ha con chi dice che “il miglior critico è il pubblico”. A ognuno il suo mestiere. Il critico lo faccia senza ipocrisia, anche se quel film funziona al box office. “Così come una certa sinistra, per non passare per snob, non si assume la responsabilità di stroncare un brutto film di successo. Così invece si salva tutto”.
Procacci si considera bruciato dalla beat generation, e il suo ringraziamento va a Fernanda Pivano, e a quel cinema americano degli anni ’70 e oltre che gli fece conoscere autori importanti. Compreso quel Fandango da cui prende il nome la sua factory, datata 1989. “Ho scelto un nome pronunciabile all’estero e un film bellissimo che raccontava la linea d’ombra, la difficoltà di diventare adulti”.
Una carriera la sua di circa 80 titoli, segnata da un solo flop nel 1993. “La bionda fu un disastro. Credevo che la presenza di Nastassja Kinski avrebbe pesato sulla distribuzione internazionale. Sono stati necessari otto anni per riprendermi, grazie ai prestiti di amici e alle garanzie date da mio padre alle banche. Radiofreccia mi ha consentito poi di riposizionarmi e L’ultimo bacio ha cambiato molte cose”.
Un maestro del mestiere di produttore? Oltre a Fernando Ghia, Franco Cristaldi che proprio con Procacci ha prodotto il suo ultimo titolo, La corsa dell’innocente: “Ho sempre ben presente una sua frase: un film parte non quando c’è il denaro, ma quando è pronta la sceneggiatura”.
Progetti futuri? “Diaz è un film a cui tengo moltissimo, difficile da finanziare, spero che la lavorazione cominci la prossima estate. Il sottotitolo sarà una frase che era scritta sui muri della scuola di Genova dove avvenne nel 2001 la sanguinosa irruzione della polizia nell’ultima giornata del G8: Don’t Clean This Blood. Un film diretto da Daniele Vicari e basato sugli atti del processo, nei suo vari gradi, che si concluderà nei prossimi mesi. Una delle pagine più vergognose del nostro Paese, che le giovani generazioni devono conoscere perché non si ripeta più”.
Procacci conferma poi il film tv in due serate sulla vita della scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, con sceneggiatura firmata da Rulli&Petraglia. Quanto al libro “Un uomo”, sempre della Fallaci, di cui ha acquistato i diritti, il produttore s’augura che si concretizzi un progetto internazionale. Cominceranno invece in primavera, proprio in Puglia, le riprese di Veleno, opera prima di Pippo Mezzapesa, da un romanzo del tarantino Mario Desiati, “Il paese delle spose infelici”, che è anche direttore editoriale di Fandango Libri.
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