CANNES – Dalla vittoria dell’Orso d’Oro di Alcarràs, Kino Produzioni non si è mai fermata, anzi, ha continuato a esplorare e sperimentare con film come Quell’estate con Irène di Carlo Sironi e gli acclamati titoli spagnoli Polvo Seràn e Puan. Abbiamo incontrato l’AD della casa di produzione Giovanni Pompili a Cannes, dove si trovava, tra le altre cose, per seguire il lungometraggio in Concorso History of Sound. Il film diretto da Oliver Hermanus, con protagonisti Paul Mescal e Josh O’Connor, infatti, è stato girato parzialmente in Italia e Kino ha curato la produzione esecutiva di quelle scene.
Giovanni Pompili, quando siete stati coinvolti nella produzione di History of Sound?
History of Sound è un film di produzione americana, noi abbiamo semplicemente contribuito a realizzarlo. Quando ho letto la sceneggiatura, sono stato profondamente colpito da una scrittura che riusciva ad emozionare, e questo è stato il principale motivo per cui abbiamo deciso di sostenere il film. La produzione aveva bisogno di girare alcune scene in Italia; quindi, abbiamo offerto il nostro apporto come produzione non solo per la parte esecutiva. È stato merito di Lara Costa Calzado, che lavora come producer nella società, che ha lavorato per dieci anni negli Stati Uniti e conosceva questo progetto da cinque anni e di cui era profondamente innamorata. È stato un piacere fare parte di un film che riesce a emozionare in questo modo.
Un progetto che so avere avuto una travagliata storia produttiva.
Sì, per questo motivo, abbiamo deciso di offrire il nostro supporto e anche grazie al tax credit per le produzioni estere, siamo riusciti a portare un contributo fondamentale per realizzarlo. Il contributo dell’Italia non si è limitato solo al tax credit, ma anche alla professionalità dei nostri tecnici nei giorni di riprese in Italia. Il tax credit serve sia per attrarre grandi produzioni, come Mel Gibson a Cinecittà, ma anche per promuovere l’Italia come location ideale per le produzioni cinematografiche di film indipendenti ma con un grande potenziale internazionale. Il lavoro fatto nel nostro paese per History of Sound, dove abbiamo ricostruito alcuni scorci della Roma degli anni ’20, si è integrato perfettamente con il resto della produzione. Siamo molto soddisfatti del fatto che lo strumento del tax credit per le produzioni estere sia stato così attrattivo.
Senza uno strumento del genere come avrebbero gestito quelle scene?
Se non ci fossero stati degli incentivi fiscali certi, è possibile che la produzione avrebbe scelto di ambientare quel momento della vita del protagonista in un’altra città, come ad esempio Budapest. Per questo è fondamentale avere delle certezze sugli strumenti a disposizione. Mi dispiace che, ad esempio, non siamo riusciti a produrre il nuovo film di Carla Simón, (Romería, in Concorso a Cannes 2025 ndr.) dopo avere prodotto il precedente, Alcarràs. La ragione è stata sia il blocco sul tax credit dello scorso anno, sia il fatto che il bando per le co-produzioni minoritarie sia stato congelato per un anno intero. Ora speriamo che la situazione si stia normalizzando e che venga nominata quanto prima la commissione.
Da produttore, cosa migliorerebbe in questi strumenti?
Tempistiche certe e trasparenza. Questo su tutti i settori della sfera pubblica.
Quanto vi spaventa la minaccia di Trump di applicare dazi ai film girati all’estero?
Dipende da come questa minaccia verrà applicata. Sono tutte delle strategie di negoziazione. A chi si riferisce? A un importatore americano che lavora con film esteri? Un player americano e che produce contenuti anche fuori? O produttori indipendenti che vanno a girare fuori perché ci sono delle opportunità? Io credo che la minaccia debba essere più per i grandi film degli Studios.
Quindi il film che Nolan sta girando in Sicilia?
Sì, ma mi sembra un po’ difficile ripercorrere i dieci anni di Ulisse, facendolo in Arkansas o nel Maine. Certo se ci fossero dei dazi, il fatto di avere da questa parte degli incentivi fiscali, compenserebbe. L’intervento del nostro tax credit è stato copiato a livello internazionale.
Abbiamo esportato qualcosa di virtuoso.
È innegabile che gli incentivi per le produzioni cinematografiche abbiano un impatto positivo sul territorio. Le ricerche dimostrano che ogni euro investito genera un ritorno di oltre tre volte. Si tratta di un meccanismo virtuoso che può portare benefici significativi. Certo ci sono persone che l’hanno usato in maniera non virtuosa. Il problema è stato che, mentre si riformava il meccanismo esistente, si è deciso di bloccare tutto. Se si fosse lavorato sulla creazione di un nuovo meccanismo mentre andava avanti il vecchio, avremmo evitato la paralisi che ne è seguita. Speriamo sia stato un incidente di percorso che non si ripeterà.
Nella ricerca di prodotti di qualità, quali sono le sue priorità di produttore?
I progetti su cui vogliamo lavorare sono progetti con una personalità forte. In un’epoca di bulimia di contenuti, cerchiamo di trovare qualcosa che in qualche modo rimanga, che non sia un riempitivo o la semplice ripetizione di alcuni meccanismi. Cerchiamo di fare un discorso di sperimentazione e di ricerca. C’è una voce del Ministero che dice “non capace di attrarre risorse finanziare”, quindi tutti quei progetti che non sono necessariamente pensati per il mercato. Se Henry Ford avesse pensato a quello che voleva il mercato dell’epoca, avrebbe allevato cavalli. Non bisogna dimenticarsi che ogni film è un prototipo e non ci sono regole perfette. Quest’anno cinematografico ce lo dimostra: i film con una personalità sono quelli che sono usciti fuori, come Anora, The Brutalist, Vermiglio, La grande Ambizione. Sono film che creano dibattito. Possono piacere o non piacere, ma oltre al risultato artistico ti danno elementi di comunicazione. I film devono provocare una reazione, perché siamo totalmente assuefatti. Fare meno, ma che rimanga. Ci servono voci chiare, che abbiano un loro timbro.
Su quali progetti state lavorando?
Stiamo lavorando sul prossimo progetto di Irene Dionisio, che gireremo da settembre interamente in Sicilia, a Catania e sull’Etna. Un film sull’ amicizia e sulle parole che non siamo riusciti a dire. Una storia molto personale che la regista ha scritto insieme a Marco Borromei, costruendo una drammaturgia che indagando la memoria, tocca dei temi universali.
In calendario abbiamo anche il film Sants di Mikel Guerrea, un heist movie spagnolo che produciamo con i nostri coproduttori di lunga data di Lastor Media. Stiamo aspettando la risposta del bando per le coproduzioni minoritarie per capire che tipo di coinvolgimento saremmo in grado di sostenere.
Sempre per quest’anno stiamo preparando un film che attraverserà l’Italia dall’Alto Adige alla Sicilia per Pandora, una produzione tedesca con cui abbiamo già lavorato sul film argentino Puan.
Molti pensano al produttore come a colui che gestisce i soldi. Ma, invece, c’è una parte di cuore senza la quale questo mestiere non ha senso farlo, no?
Ovvio che la sostenibilità economica è fondamentale. C’è chi pensa principalmente a massimizzare il profitto, io penso a fare film che abbiano un’anima, una sostenibilità sociale per le persone che ci lavorano e un rispetto per l’ambiente. Insomma, un basso impatto ambientale e un alto impatto sociale.
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