Giorgio Gosetti


Francesco Rosi91 titoli per esplorare la lunga storia dei rapporti tra cinema e giornalismo, dalle icone del Newspaper Movie hollywoodiano – Humphrey Bogart in L’ultima minaccia di Richard Brooks su tutte – al cineasta che si fa reporter, come il Francesco Rosi di Salvatore Giuliano, prototipo del film inchiesta, l’Errol Morris di The Thin Blue Line e l’inevitabile Michael Moore.

E’ Newsfront, la retrospettiva di Locarno 57 ideata da Irene Bignardi e realizzata da Giorgio Gosetti e Giovanni Marco Piemontese. Nel programma, nato dalla ricerca su un numero sterminato di film – circa 4000 ridotti in prima battuta a 300 – anche 4 titoli provenienti dall’Italia (oggi alle 16.00 passerà Ilaria Alpi di Ferdinando Vicentini Orgnani).

Senza dimenticare E la stampa, bellezza!, affettuoso catalogo di personaggi, leggende e stereotipi firmato da Piera Detassis e Mario Sesti (in cartellone domani). Ne parla Gosetti, anche curatore con Jean-Michel Frodon del volume Print the Legend, titolo rubato al John Ford di L’uomo che uccise Liberty Valance .

Qual è il “concept” generale di Newsfront?
La retrospettiva è pensata come uno specchio: da un parte c’è il genere hollywoodiano tra gli anni Dieci e i Cinquanta, dall’altra un cinema in origine soprattutto europeo che, dagli anni Sessanta in avanti, ha avuto la maturità morale di interrogarsi sui contenuti della rappresentazione, di porsi di fronte alla realtà con occhio da reporter. I punti di sintesi sono tre: Michelangelo Antonioni di Blow Up e Professione Reporter, Jean Luc Godard negli anni Settanta con Tout va bien. E il cinema americano che riprende in modo consapevole la lezione europea: da Alan Pakula con Tutti gli uomini del presidente a Francis Ford Coppola con La conversazione. Lo sforzo maggiore è stato equilibrare la produzione americana, accuratamente classificata e analizzata, con quella del resto del mondo molto meno repertoriata. Le rinunce e le omissioni sono tantissime: volevo che Print the Legend chiudesse con delle pagine bianche per permettere a tutti di aggiungere i titoli mancanti.

Il ruolo dell’Italia?Ilaria Alpi
Da noi il genere giornalistico non esiste. Nessuna sorpresa perchè è tipicamente americano. Si trovano però giornalisti protagonisti nel periodo in cui il cinema italiano copiava quello americano. Come in Inviati speciali,  diretto da Romolo Marcellini nel 1943. E’ un film dalla trama spettacolare, perfetta versione italiana del genere Usa. Lo abbiamo cercato a lungo. Riusciamo a proiettarlo nonostante sia tuttora al centro di una complicata vertenza legale per la titolarità dei diritti. Dal dopoguerra in poi l’Italia presenta una peculiarità: sull’onda della lezione neorealista nasce un cinema d’inchiesta fatto di ricerca sul campo e impegno civile. I film di Francesco Rosi sono i prototipi di questa tendenza. Del regista, già omaggiato a Locarno, abbiamo scelto Il caso Mattei anche perchè è realizzato con il contributo di Mauro Di Mauro, un martire del giornalismo. L’attitudine all’inchiesta è riemersa di recente nella nostra produzione: due esempi sono I Tigi a Gibellina. Racconto per Ustica, in cui il dialogo tra Marco Paolini, Davide Ferrario e la memoria del terremoto trasmessa dal Cretto di Alberto Burri produce un risultato straordinario, e Ilaria Alpi, scelto  per il coraggio con cui Ferdinando Vincentini Orgnani racconta la vicenda dei due giornalisti uccisi.  

I titoli italiani a cui avete dovuto rinuciare?
Sono tanti. Cito solo La primula bianca di Carlo Ludovico Bragaglia, una commedia rosa di genere, Lo svitato di Carlo Lizzani, film in cui Dario Fo è il fattorino di una redazione milanese, Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio, anche lui sotto i riflettori del festival negli anni passati, Sierra maestra di Ansano Giannarelli, in cui si legge in filigrana la vicenda di Regis Debray e della guerriglia guevarista, Lettera aperta a un giornale della sera di Citto Maselli.

Newsfront passa per le produzioni iraniane e taiwanesi e arriva all’attuale boom del documentario, ovvero ai film di Michael Moore e al “Salvador Allende” di Patricio Guzman.
Sì. Ma è bene ricordare che prima di Michael Moore sono venuti Errol Morris, Chris Marker e Jean- Luis Comolli presenti nella retrospettiva. Così, pur senza volerlo, Newsfront, pensata da Irene Bignardi già due anni fa, offre anche una sorta di genealogia dell’esplosione del documentario.     

 

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06 Agosto 2004

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