GIONATA ZARANTONELLO


La sineddoche, la parte per il tutto, è la figura chiave di UncuT, nuovo film di Gionata Zarantonello, 25enne vicentino autore nel ’99 del piccolo cult splatter Medley. UncuT, ritratto della maschilità ironico e venato di giallo, arriva nella sezione Cineasti del Presente di Locarno con il marchio Lantia. 75’ minuti in cui la m.d.p., una Cinealta della Sony, è puntata, con movimenti ridottissimi, all’altezza del bassoventre, sui genitali di Ciccio, protagonista dal volto occultato. Bloccato a letto da una frattura, Ciccio (nella realtà Franco Trentalance, nome di punta dell’hard italiano) ha un solo scopo: trovare una donna. Tra le tante possibili amanti che lo vanno a trovare c’è anche una poliziotta impegnata nell’indagine sulla scomparsa di Jasmine, la sua fidanzata.

“UncuT” è un film fallocentrico?
Parlare di fallocentrismo è troppo radicale. Al centro del film c’è l’uomo, poi il fallo protagonista dei suoi affanni amorosi. Ci sono i rapporti tra i sessi e molto amore. Ciccio è un bullo molto vitale e un po’ bugiardo, un maschio un po’ presuntuoso che vive il sesso in modo giocoso e gaudente. Ma tutti siamo stati o vorremmo essere un po’ così. Certo, alla fine anche Ciccio va in crisi…

Perché non mettere al centro gli organi sessuali femminili al posto di quelli maschili?
La vagina non è abbastanza cinematografica. Non si muove ed è molto meno buffa. Il fallo ha un aspetto comico, in particolare quello che ho scelto per il film.

Che appartiene a Franco Trentalance…
Sì. Il casting è stato faticosissimo. Avevo bisogno di un attore privo di problemi con il nudo totale. Così mi sono immerso nel bizzarro mondo dell’hard. A Franco sono arrivato attraverso un suo articolo scritto per una rivista del settore: mi colpì la sua professionalità e decisi di chiamarlo. Da subito è nato il feeling giusto. Non è un superdotato né un superpalestrato, nel film recita con tutto il corpo.

Da dove viene l’idea di puntare la camera sulle parti basse del protagonista?
Sulla rivista “Filmakers’ Magazine” mi sono occupato dei film ‘low budget’, da The CubeThe Blair Witch Project, divenuti dei cult con un’alta resa sul mercato. La loro regola d’oro è l’essere economici ma non poveri: poggiare su un’idea scarna, essenziale a partire dalla sceneggiatura. Insomma, anche se avessero avuto molti più soldi il risultato sarebbe stato uguale. Così ho pensato che non c’è nulla di più essenziale di un letto con sopra gli attori. La sceneggiatura è basata su una serie di miei aforismi e brevi componimenti, ironiche riflessioni sul rapporto uomo/donna che saranno raccolti in un libro dal titolo La troia si chiamava Jasmine. Lo pubblicherà Marsilio in concomitanza con l’uscita del film in sala.

Rispetto a “Medley” ha conservato l’elemento amatoriale?
No. In UncuT non c’è nulla di amatoriale. Tutti gli aspetti sono estremamente curati. Il progetto è maturato in due anni, la sceneggiatura è stata sviluppata in 6 mesi. Prima delle riprese, durate 1 giorno, abbiamo provato per 4 giorni. C’è stato un grande lavoro sul doppiaggio e sonorizzazione.

Raccontaci il lavoro sul sonoro.
Insieme alla mia fidanzata ho registrato i dialoghi per poi usarli come colonna guida per gli attori. Ho scelto il doppiaggio perché avevo bisogni di voci dai timbri forti, in grado di far identificare immediatamente la personalità degli attori “invisibili”. La voce di Ciccio è quasi da cartoon per suggerire l’idea che venga un po’ dal suo fallo. Quelle delle donne sottolineano la loro diversità: si va dalla magnetica sensualità di una donna misteriosa che Ciccio conosce al telefono alla voce materna di Jasmine. I rumori di fondo sono stati ricreati da Cine Audio Effect in base a un’immaginaria geografia della stanza. In alcune situazioni abbiamo usato suoni irreali per enfatizzare l’effetto comico. Le musiche sono di Pivio e Aldo De Scalzi a cui ho suggerito di sottolineare alcuni luoghi comuni cinematografici. Così toni vagamente western accompagnano la scena di un “duello” tra due donne, altre più melò fanno da sottofondo a una scena d’amore.

Il fuoricampo è l’elemento chiave del linguaggio del film.
E’ l’effetto speciale più economico del cinema. Negli horror il mostro fuoricampo fa più paura di quello visibile. In UncuT c’è il rovesciamento di uno dei meccanismi base del cinema: il fallo, di solito tagliato dalle inquadrature, coperto da oggetti scenici, o da antiestetiche strisce nere, è al centro della scena.

Il tuo prossimo film?
Sarà un art.8 prodotto dalla Alia Film di Enzo Porcelli. Si chiamerà La stanza delle farfalle e sarà un thriller su una bimba che si fa pagare dal alcune donne per far finta di esser loro figlia e a un certo punto sparisce. Girerò nei primi mesi del 2004.

autore
30 Luglio 2003

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