Francesca Andreoli: “Fiducia in Maura Delpero e nelle coproduzioni”

"Le coproduzioni aprono alla contaminazione di sguardi” afferma la co-fondatrice di Cinedora e produttrice di Vermiglio, selezionata al Producers on the move 2025


CANNES – Dalla Mostra del Cinema di Venezia 2024 a Cannes 2025 tutto è cambiato per Francesca Andreoli e per la sua Cinedora, la casa di produzione che ha fondato nel 2001 insieme a Maura Delpero, Leonardo Guerra Seràgnoli e Santiago Fondevila Sancet. In mezzo, infatti, c’è stato il grande successo di Vermiglio, vincitore del Leone d’argento, di sette David di Donatello e in short list per gli Oscar. Un clamore che ha proiettato Andreoli nel cerchia ristretta dei più ricercati produttori indipendenti, tanto da permetterle di essere invitata al Producers on the move 2025, l’iniziativa del Festival di Cannes che selezione i 20 più promettenti produttori europei.

Francesca Andreoli, come è stata l’esperienza al Producers on the move?

Innanzitutto, essere selezionata per Producers on the move è un riconoscimento molto importante, perché vengono selezionati i migliori venti produttori europei dell’anno. Già essere proposti è un riconoscimento molto bello, essere selezionati ancora di più. Credo che sia un’opportunità concreta di costruire relazioni, perché il nostro lavoro si fonda sempre di più sulle coproduzioni. E io ho iniziato già con i film di Alice Rohrwacher ad occuparmene. E non solo per ragioni finanziare, ma perché permettono una contaminazione di sguardi che arricchisce sempre i progetti. Tutti i produttori che ho incontrato avevano molta esperienza e facevamo tutti un cinema molto simile, autoriale però capace anche di viaggiare, di attraversare i confini del proprio paese. Il programma di European Film Promotion crea proprio questo spazio di scambio tra chi condivide una stessa idea di cinema come linguaggio universale, ma anche come responsabilità. Non sempre nascono progetti condivisi, ma si gettano dei semi, che fioriscono anche a distanza di mesi o anni. Non si esauriscono a questi giorni di Cannes: c’è sempre qualcosa che ti porti dietro, cresce, e poi il modo di fare qualcosa insieme si trova sempre.

Che progetto ha presentato qui a Cannes?

Ogni produttore porta un progetto che ha in sviluppo. Io ho portato un progetto a cui tengo molto, Me, if you want, per la regia di Leonardo Guerra Seràgnoli, che lo ha scritto insieme a una scrittrice africana che vive a Londra, Blaise Peters. Nella prima parte preparatoria, online, ci si conosce, si parla dei progetti che si ha in pancia e poi si fa il pitch del progetto, così si possono capire se ci sono sinergie tra i vari paesi. Io portavo un film che poteva essere una co-produzione tra Italia e UK, quindi cercavo produttori in quell’area geografica. Quando si arriva a Cannes si fanno degli incontri one to one, per andare un po’ più in profondità, sia sui progetti che sulle regole di ciascun paese, in modo da capire come finanziariamente si potrebbero creare dei legami e sviluppare una co-produzioni.

Il mestiere di produttore ha un’affascinante dualità: lavora con le storie e le emozioni, ma bisogna mettersi al tavolino, a far quadrare i calcoli.

Certo, è l’aspetto più divertente: quando l’aspetto creativo incontra quello di costruzione del budget. Anche la produzione può essere un aspetto molto creativo. Bisogna mettere insieme più pezzi, paesi, sguardi. Le coproduzioni sono un bacino enorme di talenti, a volte un produttore di un altro paese ti apre un’altra visione, ti dà dei suggerimenti. Aprirsi allo sguardo esterno è fondamentale. E noi lo abbiamo fatto con Vermiglio. Maura ha partecipato a tanti laboratori internazionali, come il TorinoFilmLab.

Francesca Andreoli e Maura Delpero_TFL Meeting Event 2021

Quando avete capito che il film avrebbe avuto un impatto così dirompente?

Non lo abbiamo mai capito in realtà. Non avevamo questa percezione. Avevamo la volontà di fare un film nel modo più libero possibile, senza dovere sottostare a rigide logiche commerciali, che magari ti impongono di inserire all’interno della storia determinati elementi, un cast forte e riconoscibile. Avevamo la percezione che stavamo costruendo un film complesso, tutto virato in dialetto. C’è chi ci consigliava di girarlo in italiano, ma non sarebbe stato possibile, sarebbe stato un falso storico, a mio avviso sarebbe stato inascoltabile. Un cast composto da bambini tutti alla prima esperienza, perché volevamo che non avessero quell’abitudine alla macchina da presa. Li volevamo indifesi e curiosi di fronte a questo mezzo, in modo che si lascassero andare nel modo più spontaneo possibile. Cercare partner già in una fase iniziale ha permesso la progetto di crescere organicamente e di raggiungere il budget giusto per dare a Maura il tempo e la cura con cui poi ha fatto il film. Il lavoro del produttore alla fine si basa su questo, capire le necessità dell’autore e assecondarle.

E poi sono arrivati i premi…

La selezione a Venezia è stata il primo milestone di riconoscimento del valore di Vermiglio, a cui è seguito il Leone d’argento, e da lì è arrivata una crescita molto bella e fortunata. La base è avere un buon film tra le mani, se ce l’hai, lo comunichi bene, e si inanellano tutta una serie di eventi fortunati, poi il pubblico risponde.

Il bello di Cinedora, che ha una storia relativamente recente, è che al suo interno ci sono persone con competenze diverse.

Abbiamo pensato che potesse essere una risorsa: mettere in sinergia più talenti. Lavoriamo in un modo totalmente orizzontale, ognuno mette a disposizione del progetto le proprie competenze. Avere due registi all’interno della casa di produzione, ma anche Santiago che è un attore e produttore, amplia lo sguardo e le possibilità creative.

Cosa avete in programma per il futuro di Cinedora? State già pensando al prossimo film di Maura Delpero?

Abbiamo un’estrema fiducia nel talento di Maura. Abbiamo passato un periodo di grande attività, non ci siamo fermati un attimo. Abbiamo messo tutte le nostre energie, prima nella realizzazione, poi nella promozione di Vermiglio. Quest’anno Cinedora si dedicherà agli sviluppi, abbiamo tantissimi progetti in pancia, sia di film che di serie. Quest’anno è dedicato alla scrittura. Maura ha bisogno di un momento di pace e tranquillità, si sta guardando intorno e a breve ci rimettiamo all’opera.

Cosa ti auspichi possa accadere con la riforma del tax credit?

Il periodo è complicato, si tratta di superarlo e trovare situazioni condivise. Le soluzioni ci sono ed è possibili trovarle attraverso il dialogo. Ascoltare l’esperienza di chi fa questo mestiere, i tecnici, i produttori, le maestranze. L’unica strada percorribile è l’apertura di un tavolo tecnico di ascolto tra le istituzioni e i professionisti del settore. Il tax credit è stato raccontato come un assistenzialismo a pioggia, ma per chi produce film indipendenti, non è un aiuto, ma è l’infrastruttura stessa su cui poggiamo il nostro lavoro. Senza il tax credit, Vermiglio non sarebbe mai esistito. Perché mancano gli strumenti per sostenere un film che non rientra nei grandi circuiti commerciali, ma ha una funzione culturale e sociale. Le leggi vanno migliorate, ma solo ascoltando le voci di chi questo strumento lo usa.

Tra i record di Vermiglio, c’è anche la vittoria del primo David di Donatello alla miglior regia, vinto da una donna.

Le voci delle donne finalmente sono molto ascoltate. Mi ha fatto impressione che Maura sia stata la prima donna regista in 70 a vincere il David di Donatello. È qualcosa che mi lascia l’amaro in bocca: è mai possibile che questo divario sia stato così insanabile per così tanti anni? Però sono ottimista: gli autori ci sono e le loro voci vanno ascoltate.

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24 Maggio 2025

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