Filippo Scotti e le “acrobazie alcoliche” tra ‘Le città di pianura’

Presentato a Un Certain Regard di Cannes 2025, il film di Francesco Sossai è un on the road tra le strade e i bar del Veneto. Tra i protagonisti Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla


CANNES – Nell’immensa, desolata, pianura veneta, due balordi di mezz’età iniziano la serata che anticipa il ritorno di un vecchio amico con delle birre, incidentalmente analcoliche. Saranno solo i primi di una serie infinita di drink – alcolici, questi sì – che prolungheranno la loro notte fino a quello successiva, senza soluzione di continuità. Ad accompagnarli nel viaggio, la persona più diversa possibile da loro: Giulio, un giovane studente di architettura che affronta la vita con la stessa rigidità strutturale dei palazzi che tanto ama.

Con Le città di pianura, Francesco Sossai porta nella sezione Un Certain Regard del 78° Festival di Cannes un film umoristico ed esistenziale che parla dei suoi luoghi e delle sue persone con una sincerità rara. “Volevo indagare quelle tematiche emerse negli ultimi anni nella letteratura veneta – dichiara il regista – A me interessa parlare non di territorio (parola che viene usata per vendere), ma di terra e degli uomini che la abitano. Ho lavorato come fotografo, sono stato in giro e scritto tante scene ascoltando le persone che incontravo nei bar, sui mezzi. Come fa un fotografo che fa mille foto e ne sceglie dieci, ho isolato dei luoghi che mi interessavano particolarmente, che, uniti, davano una idea diversa e più complessa della mia terra”.

A formare il trio di protagonisti troviamo gli splendidi Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla, così abili nel mettere in scena quell’euforia alcolica, un po’ allegra e un po’ deprimente, insieme al giovane Filippo Scotti, che chiude il triangolo sostituendosi all’amico mancante, il Genio, una sorta di Colonnello Kurtz del Veneto (tanto atteso, quanto sfuggente) interpretato da Andrea Pennacchi. Nell’essere di generazione e indole diversa, Giulio e il Genio rappresentano gli estremi di uno spettro, e al tempo stesso sono l’uno l’alter-ego dell’altro.

“Seppur così giovane, Giulio è cristallizzato in un metodo. – dichiara Filippo Scotti –  Magari lui sarà un bravissimo studente di architettura, sarà preparatissimo, ma è evidente che abbia una mancanza affettiva. Credo che quest’ultima rappresenti la possibilità di uscire da questo contesto, dove il metodo diventa una bolla opprimente. In questo giorno e mezzo di acrobazie alcoliche, comprende che per uscirne è fondamentale per l’essere umano rapportarsi, sentirsi, trovarsi a livello d’animo, in una storia d’amicizia. Credo poi che abbia saputo restituire loro, prima di tutto, l’essere terzo. E poi, all’interno di questo tre, ritrovare una sorta di armonia”.

Il viaggio on the road de Le città di pianura pulsa di quella energia vitale e autodistruttiva della beat generation, insieme alla capacità di indagine del presente che avevano i maestri citati dallo stesso Sossai, “Risi, Monicelli, i primi due Fantozzi”. Ogni tappa segue la precedente senza un senso preciso, con il puro gusto dell’improvvisazione e la volontà di non arrendersi alla fine delle cose, forse anche alla morte (non a caso cruciale è il ruolo della Tomba Brion). Filo conduttore è il concetto illusorio di “ultimo drink” (che non sarà mai davvero l’ultimo), che trascina in avanti il povero Giulio, avvolto dalle spire dei due nuovi amici. Due uomini che guardano al passato con nostalgia senza rinunciare all’edonismo che gli può concedere il presente, per quanto vuoto e privo di scopo.

“Si dice ‘l’ultima’ perché non ti basta mai, non è mai sufficiente. La vita la vuoi vivere sempre fino alla fine, non vuoi morire. – afferma Pierpaolo Capovilla – Diciamoci la verità, viviamo in una società prestazionale (e lo sappiamo bene noi veneti), ma è anche la società del piacere. Cerchiamo il godimento in continuazione, non sappiamo più cosa è la sofferenza e il sacrificio. Una vita votata al consumo, perché l’unica libertà che abbiamo è quella di consumare”.

“‘L’ultima’ rappresenta anche l’assenza di senso delle cose. – conclude l’attore e cantante veneto – Le città di pianura è un film che interroga chi lo guarda, non ti dà nessuna risposta. Ma ti chiede: che cosa vuoi dalla vita? L’incontro con due balordi perditempo manifesta un certo rammarico per il fatto di non essere riusciti a combinare proprio niente nella vita. E quindi beviamoci su”.

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21 Maggio 2025

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